4^ domenica di Quaresima – 22 marzo 2020 – Unità pastorale Santi Giuseppe e Zeno
Cieco, dalla nascita!
Nei suoi occhi non c’è la luce,
è lo stesso caos dei primordi:
“Le tenebre sovrastavano l’abisso” (Genesi 1,2).
Dio in quest’uomo è di nuovo all’opera.
Sputare sulla polvere è memoria di acqua e terra impastate insieme per dar forma all’Adamo.
La creazione non è missione compiuta.
Fare e rifare l’uomo è impegno che continua ad assillare Dio. Ed è ancora lui quel Caronte che traghetta ogni vita dalle tenebre alla luce. “Finchè sono nel mondo – dice Gesù – sono la luce del mondo”. Parole che già pongono un limite al suo tempo e al suo compito per inaugurare il mio tempo e il mio compito.
Finchè sono nel mondo, sono la luce del mondo. Plasmarlo, generarlo, partorirlo, darlo alla luce,
oggi è compito mio.
La saliva che sputo per terra per farne del fango è il mio prender parte all’opera incompiuta della creazione. Allora riluca la vita, in me e in coloro che se la ritrovano addosso opaca e spenta, perché incapaci di abitarla con fierezza o perché si portano appresso il marchio dell’inadeguatezza che qualcuno ha loro appiccicato.
“Di umanità nuova, mai apparsa ancora siate il segno” (G. Vannucci). Compito alto di cui vogliamo essere all’altezza. La piscina di Siloe, battistero in cui immergere la vita perché riemerga viva.