Domenica 10 gennaio 2021 – Battesimo del Signore A – Marco 1,7-11
In chi confidiamo? Generalmente nel più forte. “Viene dopo di me colui che è più forte di me”, afferma il Battista. Quando i bambini piccoli si confrontano ricorrono, se non già alle mani, alle parole attraverso cui assicurano che il loro papà è forte, anzi è il più forte e si abbandonano nella descrizione, spesso fantastica dei loro superpoteri. Questa non è forse già fede? I bambini avranno tempo per riconoscere le fragilità del padre e da adolescenti ne prenderanno volentieri e fermamente le distanze. È quanto ci capita anche rispetto al rapporto con Dio. A fasi esaltanti e idealizzate subentrano fasi di completo smarrimento, di notte profonda. Giovanni nella sua prima lettera insiste sul tema della fede: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio… la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”. Credere nel forte e affidarsi al forte. È frequente che sia così e quindi: in politica chi mostra i muscoli (non cito i fatti più recenti) raccoglie più facilmente consensi. Sbaviamo al cospetto della notorietà di alcune persone e le trattiamo con riverenza, con riguardo, con soggezione perché riconosciamo il loro ascendente, la loro forza. Ci inchiniamo, e non dite che non è così, a chi detiene il potere dei soldi, la ricchezza degli altri ci irretisce, ci rende viscidi, ci annulla. Non so se la crisi di fede che attraversa il nostro tempo e attraversa le nostre esistenze sia dovuta anche al fatto che il vangelo ci apre gli occhi su un Dio depotenziato, debole, perdente. Se forte, di quale forza? “Ecco l’agnello di Dio”, si legge nel vangelo di Giovanni nel mentre il Battista indica ai suoi il Rabbi di Galilea mentre passa. L’agnello?! L’agnello è l’animale del sacrificio, quello che l’ebreo porta al tempio perché sia sgozzato e così l’uomo possa ancora godere del favore di Dio e non temere la sua ira, il suo castigo. L’agnello è dell’uomo. Non si è mai sentito dire che l’agnello sia di Dio e tanto meno che l’agnello sia Dio. Ecco il “forte” in cui ci è chiesto di aver fede. In Gesù è Dio che sale sull’altare del sacrificio e lungo tutto il suo tragitto la forza sarà espressa nella commozione per folle senza pastore, nelle lacrime per un amico morto, nella dolcezza verso i piccoli, nella compassione per ogni vita limitata, nella predilezione per gli scartati, nell’accoglienza degli emarginati, nella comprensione dei rifiutati. E dal cielo su questo figlio che simpatizza con la fragilità dell’uomo scende una colomba come quella che Noè mandò in perlustrazione al termine del diluvio perché portasse notizie di ripartenze possibili, di nuovi, altri inizi. In Gesù ripartenze possibili e codici nuovi per abitare la vita convinti della forza della debolezza. Credere nel Dio di Gesù non può che voler dire questo, nient’altro che questo.
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