Domenica 21 febbraio 2021 – 1^ di Quaresima B – Marco 1,12-15

Pubblicato da emme il

Stava con le bestie selvatiche. Ho messo anch’io il naso in quel deserto di cui oggi parla il vangelo ma non ho visto un granchè rispetto agli animali che lo abitano: stambecchi della Nubia, asini asiatici, orici bianchi, leopardi arabi, iene striate, lupi arabi, gazzelle dorcadi, e gli edmi… una grande arca di Noè a cielo aperto, potremmo dire. Questo deserto popolato e il fatto che Gesù vi soggiorni mi fa venire in mente quel passo di Isaia che racconta di convivenze improbabili, per non dire impossibili: il lupo e l’agnello, il leopardo e il capretto, il vitello e il leone, la mucca e l’orsa, il bambino e il serpente. Ma che posto è mai questo? È un luogo del desiderio? Forse! Ricordo di aver proposto ai ragazzi della catechesi un’attività che, in tempi diversi da quelli che stiamo vivendo, li costringeva a raccogliersi stretti, stretti in uno spazio contenuto e ben delimitato, per tentare di immaginare cosa voglia dire convivere con altri consapevoli che su quella, che rappresentava un’arca di Noè ma come fosse in realtà il mondo che abitiamo, ognuno sarebbe salito con le proprie asperità, con gli angoli appuntiti, non del tutto smussati, del proprio carattere, con le armi per difendersi non così spuntate. Deserto… tempo di prova, di sperimentazione, di addestramento. Ben più feroci, bene più selvatici, ben più minacciosi saranno gli esemplari d’uomo che Gesù incontrerà oltre quello spazio sì insidioso ma forse non tanto quanto quello in cui avrebbe messo piedi oltre lo scoccare di quei mitici 40 giorni. Sto leggendo con altre 270 persone i quattro vangeli, un capitolo al giorno. Siamo appena partiti e stiamo leggendo proprio il vangelo di Marco. Leggerlo così mi fa stare come dentro un’onda travolgente, un moto impetuoso, un ritmo gagliardo. È il ritmo vorticoso in cui Gesù mi sta trascinando, ma dentro, insieme al tanto buono, tanta nefandezza, tanta feroce umanità che gli si contrappone, che lo ostacola con la calunnia, la mormorazione, il giudizio. E noi selvatici conviventi dentro l’arca su cui siamo saliti, umanità chiamata a credere che le armi possono essere deposte, che l’ascia di guerra può essere sepolta e l’arco attaccato al chiodo. È quanto fa Dio. Cos’è quell’arcobaleno posto sulle nubi se non il segno che Dio si è convertito: “non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne”, abbiamo letto da Genesi. Dio si converte, Dio cambia. È il cambiamento, è la conversione che il vangelo oggi chiede a me, a noi. Quando c’è un bambino in casa non si mettono sugli spigoli dei mobili delle protezioni che addolciscono gli urti e aiutano ad evitare ferite? Abitare il mondo e le relazioni spuntando le armi, addolcendo gli spigoli vivi. Avventura possibile? Ci offriamo quest’altra quaresima! Speriamo sia la volta buona.


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