Commento domenicale 18/04/2021
Rito e liturgia.
I primi cristiani orgogliosamente dicevano: “noi non abbiamo né templi né altari”, se poi venne accettata la parola “altare” è perché il corpo di Cristo sacrificato sulla croce (unico vero altare storico) è ricevuto, per la grazia dello Spirito Santo, come cibo e bevanda: l’altare conservava così il carattere di mensa.
Nei “Principi e Norme” liturgiche sta scritto che terminata la preghiera eucaristica non si purifica il calice all’altare, ma in luogo separato ( la credenza) per non perdere la sua dignità e valore essendo simbolo della presenza di Cristo; (nella dedicazione dell’altare viene unto col Crisma) e viene baciato e venerato.
Dobbiamo però ricordare che l’altare è anche il luogo al quale è chiamato a partecipare il popolo di Dio, partecipazione possibile perché l’altare è non solo luogo del sacrificio, rito liturgico del sacerdote, ma anche mensa del Signore. Il “memoriale” dell’Eucarestia è riferito all’ultima cena, è Gesù che manda gli apostoli a “preparare” per la Pasqua. Storicamente quindi l’altare è una mensa, poi teologicamente diventa il luogo del sacrificio. Come gli apostoli, prima chiesa, erano attorno alla tavola con Gesù, anche noi oggi ritualmente, in un primo livello del rito, siamo attorno all’altare a condividere lo stesso memoriale, come?, nei simboli appunto del pane e del vino; dei vasi sacri; del calice; dell’acqua; della tovaglia; del purificatoio, (panno) usato per asciugare il calice. Un secondo livello del rito è costituito dal rapporto tutto sacerdotale, che il rito ha con l’evento della salvezza: la sacramentalità. Per noi è la pienezza di partecipazione dei fedeli, come voluto dal Concilio Vaticano secondo, che ha staccato dalla parete quell’altare che era divenuto luogo inaccessibile e mistero del sacro lasciato unicamente al servizio sacerdotale, liturgia che allora aveva separato la “comunione” dal “sacrificio”, (ora si raccomanda molto quella partecipazione perfetta della messa, per la quale i fedeli, dopo la comunione del sacerdote, ricevono il corpo del Signore dal medesimo sacrificio..).
La riforma liturgica ha quindi portato l’altare davanti al popolo dandogli anche la forma di una tavola.
Quindi preparare e riassestare la mensa è dove noi fedeli ritualmente, nella Santa Messa, siamo attorno al Signore (il sacerdote che opera in persona Christi) che ci dice: “Prendete e mangiate, prendete e bevete” e nulla è far perdere valore e dignità all’altare. Per finire una tavola non è completamente preparata se manca un fiore. L’altare risplenda per nobile semplicità e povertà (SC), non mazzi di fiori quindi, né sopra né sotto l’altare, la bellezza e gioia che rappresentano i fiori non sono parte del memoriale dell’ultima cena, ma mettiamoci solo un fiore che se presente ci ricorda che quella tavola su cui facciamo l’Eucarestia è una mensa ove Cristo ci accoglie e ci nutre.
Diversamente va perso il rapporto con la l’ultima cena di Gesù nel cenacolo.
Buona domenica
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