Domenica 18 aprile 2021 – III di Pasqua B – Luca 24,35-48
È concreto un pane che si spezza soprattutto se lo rompi per condividerlo con qualcuno. E pure i segni sulle mani, sui piedi, sul costato sono reali, soprattutto se, come Tommaso, ci metti il dito e tocchi. Nell’opera di Caravaggio, che più di qualcuno fra voi avrà sicuramente in testa, è intenso quel gioco di mani in cui è proprio Gesù a tirare verso la ferita del costato il dito dell’Incredulo perché ce lo ficchi dentro e Tommaso, dal canto suo, quasi a trattenergli la mano perché a questo punto non serve andare oltre. È concreto anche quel pesce arrostito che, nel vangelo di questa terza domenica di Pasqua, Gesù chiede ai suoi di spartire perché si convincano che non è un fantasma, che la sua è una presenza reale, tangibile, concreta. E quanto concreta è stata tutta la sua vita! Quel pane spezzato ha parlato ai due di Emmaus perché in quel gesto era condensato tutto un percorso e uno stile fatto di condivisione, di compromissione, di prossimità, di assunzione del vissuto degli altri. E quelle ferite nella carne non era forse come l’alfabeto con cui nella sua vita Gesù ha scritto una storia di intrecci con le storie di tanti altri. In un momento di preghiera che, venerdì sera (qui) a San Zeno, abbiamo spartito con qualcuno fra voi, ci siamo imbattuti in questa intensa frase: “Nella sua vita terrena il Figlio di Dio ha incarnato un’esistenza priva di mezze misure: nel suo messaggio non troviamo posizioni intermedie tra l’indifferenza e la difesa dei poveri, ma una scelta netta verso questi ultimi. Anche oggi, come duemila anni fa, abbracciare il vangelo significa fare della fraternità il senso stesso della vita. Quando incrociamo uno sguardo, quando entriamo in contatto con gli altri, una dimensione naturale sembra emergere dal nostro inconscio: la prova tangibile che siamo fatti per essere fratelli!”. Altro che fantasmi dunque. Se i fantasmi popolano già le nostre notti facciamo in modo che non infestino anche i nostri giorni. Il fantasma incarna le nostre paure, i nostri timori. Ma paura di cosa, timore di chi? Forse non tanto delle nostre allucinazioni notturne quanto piuttosto di ciò e di chi ha un contorno così preciso e tanto reale da mettermi davvero in crisi, da farmi sul serio paura. Sì, perché ciò che è sogno o incubo svanisce con l’affacciarsi del giorno ma il fratello è colui che comincia a profilarsi e ad imporsi in tutta la sua concretezza all’orizzonte di ogni nuovo giorno. Dirti: “Sei un fantasma”, è il tentativo di liquidarti, di sbarazzarmi di te, del tuo essere ingombrante, del tuo provocarmi a assumere uno stile diverso. Significa ammettere che esisti e significa accettare di farmi condizionare la vita dal fatto che ci sei. Ogni essere umano, creato a immagine di Dio, rimane un “fratello o una sorella in umanità”. È qualcuno per cui Cristo è morto e risorto. “La sofferenza dell’altro è la mia sofferenza, la guarigione del mio prossimo è la mia guarigione. La gloria del mio fratello è la mia gloria.
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