Domenica 8 agosto 2021 – 19° TOB – Giovanni 6,41-51
Chi siamo? Chi sono? Sono il figlio di qualcuno, sono nato in un certo posto, sono cresciuto collezionando esperienze, ho fatto determinate scelte, ho incontrato delle persone, ho abitato in alcuni luoghi… è la biografia di ognuno, è la storia di ciascuno: tutte diverse, tutte originali, tutte inedite, tutte uniche. Ci affascina sentire le storie degli altri e ci piace che gli altri vogliano ascoltare la nostra. La vicenda di Gesù sembra essere cosa nota ai suoi contemporanei. Quanto era piccolo il mondo nel quale era cresciuto, si sapeva tutto di tutti. Cosa diventa sorprendente? Cosa scatena la mormorazione? Cosa fa nascere la contrarietà in quanti dicono di conoscere Gesù e non accettano parole di novità, gesti di rinnovamento, pensieri alternativi? È proprio vero che gli altri ci conoscono? È proprio vero che conosciamo quanti diciamo di conoscere? C’è un mondo che sta in noi che non liberiamo facilmente, che custodiamo, che celiamo, che mascheriamo, che proteggiamo, che difendiamo, che teniamo sommerso, perché gli altri potrebbero mormorare, potrebbero contrariarsi, potrebbero giudicarci, potrebbero ferirci, potrebbero palesare la loro delusione. Ma cosa fa di strano Gesù, tanto da scatenare la reazione di cui ci racconta il vangelo? Niente, di fatto! Dice solo che la sua vita è come pane e in quanto pane è vita che spezza, spartisce, condivide. Quando mi ritrovo davanti un’assemblea nuova (con le solite ho smesso di farlo…), creata occasionalmente da un matrimonio o da un funerale, un’assemblea fatta di gente che non conosco e non si conosce, appena prima di fare la comunione mi capita di dire che accostarvisi non è niente di così trascendentale, anche se qualcuno misticizza oltre modo il momento. Comunione è pane che si spezza, vita che si dona. Niente di così straordinario perché è quanto caratterizza la quotidianità di tutti, è quanto capita nei giorni di ciascuno. Viviamo solo nella misura in cui restiamo immersi in questa dinamica di dono e quanto capita altrove, fuori di qui, è quanto capita anche qui. E se volete capita qui perché capiti anche altrove. Tutto questo è straordinario? Certo, ma non è tanto lontano, non è così diverso da quanto può succedere, deve succedere nel dipanarsi dei giorni, nell’intrecciarsi delle relazioni. Gesù non si capacita. Perché mormorate? Questa roba forse non succede nelle vostre vite? Fate in modo che succeda perché, certo, ciascuno è quel che è, ma questo non è limite rispetto alla possibilità di spezzarsi come pane convinti del fatto che quando sono per te, vivi tu e vivo io. Quando invece, come capitò nel deserto degli ebrei, ciascuno raccoglie il suo e consuma il suo, si muore (“I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti”). Io sono il pane… dice Gesù, io sono il pane potremmo dire tutti senza sorprenderci per il fatto che lo diciamo, senza scandalizzarci se qualcuno lo dice, perchè, come abbiamo letto dal Primo libro dei Re, solo grazie a quanto ci viene donato da chi si fa dono, si va avanti, si cammina, si arriva. Paolo in Efesini ci raccomanda di non scandalizzarci e di farci, piuttosto imitatori di colui che racconta l’amore spezzandosi, spartendosi, consegnandosi in dono.
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