Domenica 7 novembre 2021 – XXXII TOB – Marco 12,38-44

Pubblicato da emme il

Cosa stiamo a fare al mondo? Non siamo qui per veder passare la gente e commentare quello che accade. Ci siamo per provare a spostare anche di mezzo millimetro le umane sorti, a partire dalle nostre. Raccolgo questa frase da un articolo che ho letto oggi e aggiungo che non stiamo al mondo neppure per farci guardare mentre passiamo. Sembra che ancora, come al tempo di Gesù, sia uno sport abbastanza in voga. Guardare e farsi guardare, non è forse per questo che tanti di noi stanno sui social? Sul proprio profilo Instagram Gesù posta una foto strana, un minuscolo particolare che potrebbe passare inosservato. Zooma l’obiettivo su qualcosa di piccolo, di decisamente trascurabile, del tutto periferico e ininfluente. I riflettori normalmente vengono puntati sui fatti eclatanti, appariscenti. Forse è per questo che ci diamo tutti un bel po’ da fare per stare sul palcoscenico. Gli occhi di Gesù sono allenati per vedere altro. Chi è venuto alla veglia penitenziale alla vigilia dei Santi e dei Defunti si ricorderà di aver meditato il vangelo dell’incontro fra Gesù e Zaccheo. Ebbene Zaccheo si nasconde, fra le fitte fronde di un albero di sicomoro, per vedere e per non essere visto. Gesù lo scorge, lo scova come fa un abile fotografo. Il suo obiettivo sa dove puntare. Nel vangelo di oggi il suo sguardo, che certo non ignora gli sbruffoni del suo tempo, si posa delicatamente su qualcosa di bypassabile: una povera vedova lascia nel tesoro del tempio due monetine, tre grammi di bronzo in tutto, 1 gramma e mezzo ciascuna. È un valore inconsistente. Erano 13 le casse e un sacerdote era incaricato di controllare la validità della moneta e ne dichiarava ad alta voce il valore. Di cosa poteva vantarsi quella donna? Allora di cosa sarà segno quel suo inutile gesto. Siamo al capitolo 12 del vangelo di Marco, in prossimità della Passione. Questa donna ferita, mutilata, la vedovanza ne è il segno, è Gesù che non risparmia nulla di sé. Le monetine nelle mani di quella donna sono tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere, quindi sono la sua vita, il parallelo con la vedova di Sarepta è lampante. Le monetine erano due, poteva trattenerne una e consegnare l’altra. Tutto! Non il superfluo. Non il sopravanzo. Non ciò che tracima. Qualcuno legge il brano come una contestazione di Gesù al sistema religioso del tempo. I poveri che dovrebbero essere aiutati sono quelli che in realtà alimentano un sistema che ingrassa quanti hanno già tutto, troppo. Non è così anche oggi? Il niente di tanti foraggia il tutto di pochi. Il gesto di quella donna è quindi una denuncia. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì abbiamo letto dal Primo libro dei Re. Cosa siamo? Quello che tratteniamo gelosamente, quello che stringiamo nei pugni perché non ci sfugga o siamo piuttosto quello che doniamo, quello che regaliamo, quello che offriamo. Siamo i nostri pugni chiusi o le nostre mani aperte?


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