Domenica 28 novembre 2021 – I° di Avvento C – Luca 21,25-28.34-36
Tanti i verbi al futuro, soprattutto nella prima lettura e nel vangelo, una quindicina in tutto. Futuro, cioè domani. Sembra così strano oggi parlare di domani. È quasi un tabù, tanto lo immaginiamo fosco, tanto ce lo prospettano incerto. Non esiste più. Ci si appiattisce sull’oggi o piuttosto sull’adesso. Adesso! Adesso è il futuro. Scrivo un messaggio e mi si risponde istantaneamente, questo succede o questo pretendo che succeda. Voglio vedere un film e non serve che mi adegui agli orari della sala cinematografica, non dipendo dai mezzi per spostarmi, accedo con un click ad una qualsiasi piattaforma e vedo quello che voglio. Mi si accende il desiderio di comprare una cosa che ho visto e non esiste che debba recarmi in un negozio che magari non c’è neppure nel posto in cui abito, non esiste che debba perdere un pomeriggio per fare una cosa che posso fare istantaneamente, comodamente seduto davanti al mio computer o tenendo fra le mani il mio smartphone. Non esiste il futuro, esiste l’adesso. E quindi sparisce l’attesa, è inammissibile attendere, aspettare. Adesso! E promettere sembra quasi ridicolo. Credo solo a ciò che l’istante mi consegna, il domani non c’è e le promesse, quelle che possono plasmare, ma lentamente, un futuro migliore, non sono credibili. Ci accontentiamo di quanto il presente riesce a produrre, l’importante è che io possa accedervi subito. Naturalmente il grado di qualità, di bellezza, di bontà si abbassa drasticamente sia che si tratti di beni di consumo o che si tratti di relazioni, tanto si consumano anche quelle. Vuoi mettere un frutto a cui tu dai il tempo di maturare sul suo ramo rispetto a quello a cui non offri tempo perché si riempia di sapore e di gusto. Vuoi mettere le parole che produci a comando (vomiterai violenza, livore) rispetto alle parole che partorisce un pensiero lento, un cuore che le ha ruminate prima di consegnartele? E tutto questo cosa c’entra col vangelo? C’entra eccome. Il tempo ci consente di affinare la nostra umanità e cos’è più vangelo di un’umanità consegnata al massimo delle sue possibilità perché le è stato offerto tempo; “In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra”. Diamoci tempo proprio in un tempo in cui non c’è tempo perché fiorisca il meglio di noi, perché gli altri possano consegnarci il meglio di se stessi. Vorrei saper abitare il tempo e l’attesa, è questo che ci domanda un altro Avvento, consentirci di schiuderci lentamente. Ho sentito che è sbagliato aiutare un pulcino ad uscire dal suo guscio. Il pulcino, per almeno 24 ore dopo la prima foratura del suo guscio, non ha bisogno di noi, sta finendo il proprio sviluppo e deve solo avere l’occasione di farlo seguendo i propri tempi. Alcuni pulcini forano il guscio e in un’ora sono schiusi, altri impiegano più di un giorno per terminare l’impresa. Tempo! Questo serve a nascere, anche quando si è già nati. Allora affacciamoci a questo Avvento come fosse un tempo per nascere, un venire pian piano alla luce, per brillare al massimo. Anche quest’albero di ferro si accenderà progressivamente. Abiteremo con pazienza questo tempo per abitare con pazienza la vita e con pazienza accompagnare il dischiudersi degli altri alla vita. Allora buon Avvento!
0 commenti