Commento domenicale 05/12/2021
Domenica II di Avvento anno C
L’anno liturgico nelle Chiese cristiane si divide in tre anni: anno A, B, C e in ogni relativo anno si legge, e quindi si ripete ogni tre anni, la lettura di un Vangelo rispettivamente quello di Matteo, di Marco, di Luca mentre il Vangelo di Giovanni, a tratti, ogni anno in certe particolari feste, e in più di qualche domenica nell’anno B quello di Marco che ha il Vangelo più breve.
Ora ci si chiede perché leggere e rileggere gli stessi brani del Vangelo ogni tre anni, sono sempre le stesse parole.
La domanda è solo apparentemente legittima, perché la nostra “religiosità” non si fonda sulle parole, il Cristianesimo non è la “religione del Libro”. Non c’è solo un’idea da capire, non si tratta di eseguire dei comandamenti, ma stabilire una comunione con colui che parla e dice, con colui che nella Parola comunica se stesso. Siamo alla sequela di Cristo e non di un discorrere morale o anche semplicemente religioso. Il pericolo di una “religione del libro” è ridurre questa a una forma di fondamentalismo, legalismo, dottrinarismo. Le parole inoltre sono relazione e abbiamo sempre bisogno di relazione, di sentire quel calore che chiamiamo fede, quelle parole che nell’indirizzare la coscienza ti fanno sentire che il Signore ti è accanto, che la speranza a cui sei chiamato è già presente. Le parole poi saranno sempre le stesse, ma il contesto è sempre diverso e pure noi non siamo mai gli stessi, i tempi cambiano, le culture sono diverse, il divenire religioso cambia, quello che rimane è Cristo che ci parla e che riscalda il cuore di chi crede in lui: Signore accresci la nostra fede.
Buona domenica
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