Domenica 3 aprile 2022 – V Quaresima C – Giovanni 8,1-11
“Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa”. La Legge! Qui sta il problema, a mio avviso. Nel vangelo di Marco, al capitolo 7 Gesù afferma, sempre contro scribi e farisei: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (v. 8) … annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte (v. 13). La Legge! Quale Legge? Comandamento di Dio e tradizione degli uomini non sono la stessa cosa. E allora stiamo attenti perché ho l’impressone che anche oggi le tradizioni degli uomini continuino a pendere come spade di Damocle sulla vita di donne e uomini. Gesù oggi contesta noi scribi e farisei e contesta le chiese o certi sistemi di pensiero, come ha contestato il sistema religioso del suo tempo, se raccontiamo Dio senza conoscerlo davvero. Noi che Dio stiamo raccontando? Il Dio di Gesù Cristo? Ho l’impressione che non sia sempre così. Siamo ancora affascinati da un Dio tremendo, il cui scopo principale sembra essere quello di redarguire l’uomo, di continuare a correggerlo, a punirlo, a prospettargli il peggio, immaginando che non abbia di meglio da fare. Religioso è solo ciò che promuove e potenzia l’umano di ciascuno e non certo ciò che l’offende, lo deturpa, lo denigra, lo dimezza. Ma la donna del vangelo ha peccato sì o no? “Non peccare più” le dirà Gesù ma le dice soprattutto “Non ti condanno”. Silvia mi ha fatto notare che l’indice di Gesù non è puntato contro la donna, tutti gliel’avevano puntato contro. Il dito di Gesù è puntato a terra quasi a voler scaricare lì tutta l’aggressività che ci domina, tutta la violenza che vorrebbe governarci. Il peccato c’è, c’è in me come c’è in lei ma non sarà il peccato a condizionare lo sguardo di Dio. “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa”. L’abbiamo letto da Isaia e questo passo che dice di Dio, dicesse di noi, del nostro stare al cospetto della nostra vita e delle vite degli altri. Anche Paolo in Filippesi afferma che la giustizia non è certamente il frutto della Legge ma della fede in un Dio che è risurrezione, che è ripartenza, che è rimettersi in piedi. Gesù si china un paio di volte a terra per raggiungere la donna là dove sta, o là dove è stata relegata. Si alza solo per opporsi con autorevolezza alla tracotanza, all’arroganza di scribi e farisei ma si alza anche per ridare a quella donna una dignità che la ridesti e la rimetta in piedi. Gesù, per usare ancora la terminologia paolina, si fa spazzatura come noi. Solo nei bassifondi in cui Dio mi raggiunge lo conosco davvero e mi ritrovo perché amato, mai condannato, mai giudicato. Se il peccato incontra l’amore è come fornire acqua al deserto.
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