Domenica 15 maggio 2022 – V di Pasqua C – Giovanni 13,31-33a.34-35

Pubblicato da emme il

Non avevo mai fatto troppo caso a quella sottolineatura che mette in relazione l’uscita di scena di Giuda, che corre a dare compimento a quanto ha tramato insieme ai capi religiosi, e le parole di Gesù che sembrano parlare di vittoria più di che di sconfitta. È la gloria, il termine ritorna cinque volte in una rapidissima sequenza, che si sprigiona nel tradimento. Nel fallimento l’esaltazione, dall’abisso la vittoria. E mi rifanno visita le parole di una donna che ho incontrato questa settimana, malata di cancro da tantissimi anni, che affermava quanto fosse stata maestra la malattia e quanto generoso questo tempo in termini di relazioni più dense, più significative di un tempo. La malattia le ha regalato l’impensabile, l’insperabile. La gloria nel dramma. O ancora, nel dramma della guerra tantissima solidarietà che si è espressa anche fra noi in un’accoglienza larga e generosa. E nelle fatiche, se non nei drammi che colpiscono noi, cosa affiora, cosa emerge, cosa viene a galla? L’amore o qualcos’altro? Il peggio di noi o un pur timido e faticoso spiraglio di vangelo. “Per poco sono con voi”, dirà Gesù in questo lungo discorso di addio che occupa i capitoli dal 13 al 17 nel vangelo di Giovanni. Questa consapevolezza della fine, e che fine, non inasprisce Gesù, non lo inacerbisce, tutt’altro. Ha la il coraggio di sovvertire tutto, di reimpostare tutto a partire dall’amore. Non dirà in effetti: vi do un nuovo comandamento, non ne aggiunge un altro ai tanti, troppi, che già ci sono. “Vi do un comandamento nuovo”: che l’amore circoli. Anche qui fanno capolino nella memoria le parole sentite, più e più volte, da chi le ha ricevute in eredità da quanti se ne sono andati, generalmente gli anziani genitori: amatevi, siate uniti, non fatevi la guerra. Uno se ne va e questo gli interessa, che l’amore continui a restare in circolo. Vi ho amati, amatevi. Non è l’amore egoista che si aspetta di essere contraccambiato. È l’amore che intende semplicemente metterne al mondo altro perché circoli e il mondo sappia trasformarlo, geneticamente modificarlo. Che cosa ci identifica come suoi? La dottrina, le pratiche, la morale? A queste cose qualcuno resta avvinghiato come fosse qui la salvezza. È l’amore la rivoluzione ed è solo l’amore a dire chi siamo. A farti discepolo del vangelo è solo l’amore che metti in campo anche, e soprattutto, al cuore di un’avversità. Non che si possa dichiarare guerra a chi non è “dei nostri” ma non è uno scandalo che si celebri di qua e di là la Pasqua e si continui a uccidersi? Ai cristiani tutti Gesù dice “siate uno”. E lo dice a me protagonista di divisione o fabbricatore di contrasti. Solcheremo cieli nuovi, calpesteremo terre di novità? E Cristo che fa nuove tutte le cose ma noi possiamo decidere di non rovinarle, di non deturparle.


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