Commento domenicale 19/02/2023
VII Domenica T.O. anno A
“.. siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.” (Mt 5,38-48)
Nel “credo” diciamo “..per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è fatto uomo.” E’ il linguaggio del nostro Dio, un continuo dialogo nella storia dell’uomo.
Per lunghi secoli si pensò perché noi uomini avevamo peccato e avevamo bisogno di essere salvati. Dio è offeso dal peccato di Adamo e poi da tutti i nostri peccati, peccato che ora deve essere riparato e solo Gesù, uomo-Dio, rappresentando gli uomini, poteva soddisfare la “giustizia” di Dio: un’offesa a Dio da soddisfare non convince.
Poi si pensò, rileggendo San Paolo, che Gesù è “il primogenito di tutta la creazione”, (Col. 1,17-18) che “tutte le cose sono state create in lui e in vista di lui”. Gesù quindi si sarebbe incarnato lo stesso anche se Adamo non avesse peccato, perché egli è il coronamento stesso della creazione, l’opera suprema di Dio: anche un Dio che vuol essere amato, per la sua gloria, in modo perfetto, non convince.
C’è stato il giorno della vendetta, giustizia, di Dio, ed è stata la “croce”.
Questo giorno dobbiamo tradurlo con “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico figlio”, ma la credibilità che Dio è amore e rileggendo Balthasar, “solo l’amore è credibile”, doveva passare attraverso l’incarnazione, la verità dell’uomo e quindi la sofferenza, la condivisione del dolore della croce e della morte, queste ultime parole sono di Giovanni Paolo II nel “Varcare la soglia della speranza”. L’incarnazione di Dio e successivamente la croce, questo dialogo nella storia dell’uomo, sono la chiave di interpretazione del grande mistero della sofferenza che appartiene in modo così organico alla storia dell’uomo.
Buona domenica
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