Commento domenicale 07/05/2023
V DOMENICA di PASQUA anno A
Sabato scorso ho seguito per breve tempo alla televisione la cerimonia di incoronazione di Carlo III Re, fatta nella abbazia di Westminster a Londra, liturgia col rito anglicano ovviamente, e ho notato alcune particolarità e differenze col rito cattolico della messa. Da subito mi ha colpito il fatto che una persona di religione non cristiana (il premier inglese che è induista) abbia “proclamato”, se così possiamo dire, una lettura del nuovo testamento, un brano dalla lettera di San Paolo ai Colossesi. Il fatto non dev’essere giustificato perché eccezionale, ma è scorretto nel rito cattolico, che pretende che il ministero del lettore sia fatto da una persona che abbia ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e ritenuto, dal magistero ordinato e dalla comunità, idoneo, per buona reputazione cristiana e capacità. Non si può trasmettere il senso religioso cristiano di una lettura, trasmetti la Parola solo se la vivi, (il Concilio afferma che “è Cristo” che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura) se nemmeno sei cristiano. Un secondo punto di diversità nel rito della Messa sta nell’aver spezzato, durante l’Anamnesi (racconto dell’ultima cena), il pane, l’ostia che dev’essere consacrata. Per noi cattolici è un abuso, è un uso letterale e drammatico, teatrale delle parole di Gesù nell’ultima cena, “Prese il pane, lo spezzò …”, un modo di celebrare come se si dovesse esercitare il ruolo di Cristo imitando le sue parole e i suoi gesti. Si può operare in “persona Cristi”, ma non si è Cristo, questa è tutta la nostra tradizione della Chiesa (la Tradizione della Chiesa è il quinto Vangelo mai scritto) che qualcosa ha voluto lasciar fare solo a lui.
L’Arcivescovo di Canterbury, nel momento della consacrazione, legge nella frase in latino, “..qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum.” Ora anche nella nostra messa in latino abbiamo le parole “pro multis” e il nostro messale le traduce in italiano con “per tutti”. Nei Vangeli la frase “versato per voi”, proviene solo da Luca e “versato per molti” da Matteo e Marco, mentre in Giovanni non c’è l’istituzione dell’Eucarestia. Della traduzione “pro multis” del nostro messale con “per tutti”, Benedetto XVI disse che è un’”interpretazione” non una traduzione ed è quindi di più di una traduzione. (Benedetto XVI Aprile 2012 lettera all’ Episcopato tedesco). Ora possiamo dire, e Benedetto XVI lo sapeva benissimo, che è “interpretazione” e non “corretta traduzione” perché la storicità letterale delle parole dell’evangelista attribuite a Gesù sono effettivamente “pro multis”, ma di certo la stessa è fondata sul concetto tutto teologico che Gesù è morto per tutti. Rimane al di là delle qui brevi considerazioni un passo difficile e dibattuto ad altissimi livelli ecclesiastici, e non solo dalla prospettiva esegetica o ermeneutica, il perché delle parole “pro multis” di Mt 26,28 e Mc 14,24.
Buona domenica
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