Domenica 14 maggio 2023 – VI di Pasqua A – Giovanni 14,15-21

Pubblicato da emme il

Sto davanti a questi passi biblici decisamente smarrito senza aver chiaro in che direzione andare. Li rileggo con voi ma resto disorientato. Non so voi… Il passaggio che più mi intriga lo raccolgo dalla seconda lettura, la prima lettera di Pietro. È chiesto anche a noi, discepoli oggi dello stesso Cristo, di saper rispondere a chi ci domanda ragione della speranza che è in noi. Che tradotto, credo, si possa dire: perché credi in Gesù Cristo? Spesso mi è capitato di dire a genitori sconsolati i cui figli non vengono più in chiesa o hanno comunque smesso di avere un legame fitto con la parrocchia che non può bastare dir loro che vengano, magari imporglielo, finchè si può, pretenderlo. Posso desiderarlo sapendo che l’unica cosa che si può e si deve fare è offrire le ragioni del perché io lo faccia, e offrire segni che dicano, oltre le parole, come riempie di senso e di valore la mia vita il riferimento a Gesù Cristo e alla chiesa che oggi ne raccoglie il testimone. Perché io decido di continuare ad abitare questa relazione, perché io decido di lasciarmi ancora provocare dal vangelo di Gesù? Qualcuno recentemente mi ha chiesto se andrei ancora a messa se non fossi più prete. La domanda mi fa dire che, è vero, spesso è anche il ruolo a sostenere, o sei vuoi, a condizionare, le tue scelte. Sì, mi tocca anche andare a messa, non posso decidere di non stare qua. Ma al di là dei riti e delle manifestazioni esterne del religioso, il cuore cosa dice? Questa relazione parla ancora al tuo cuore? E’ la vera domanda a cui rispondere perché lì eventualmente abitano le ragioni del tuo sperare, le stesse che puoi consegnare agli altri quando te le chiedono. Credo… perché? Perché trovo nel vangelo la sorgente che alimenta una vita che può essere più umana, meno istintiva, meno brutale. Credo perché incrocio nel vangelo di Gesù i semi di un’umanità migliore e riempirsene le mani per spargerli nel campo che è il mondo che abito credo possa aver valore e senso. Credo che la chiesa a cui appartengo possa essere la casa di coloro che come me tentano, provano ad abitare la vita con i criteri del vangelo. Credo, anche se poi l’indole che mi ritrovo cucita addosso è un’altra, che tutto questo debba essere fatto, come ancora raccomanda Pietro nella sua lettera, con dolcezza e rispetto, senza fanatismi, senza arroganza, senza violenza. Non puoi trasformare il vangelo nel suo contrario per il modo in cui lo insegni e lo consegni. Non per nulla Gesù è salito sulla croce per non tradire il messaggio con l’insolenza dell’imporlo. Ragione e speranza sembrano due termini antitetici, come dare ragione di ciò che si spera. Si può dar ragione delle cose di cui si è certi, non di ciò che è avvolto nell’incertezza. È di Blaise Pascal la nota frase: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Ha il sapore della scappatoia facile, questa bella frase. Ma prova a domandare ad una persona che ama il perché di un amore ostinato, cocciuto. Cosa potrà dirti? Nel Cantico si dice che le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo. Perché? Amare e sperare e quindi credere sono le cose più irragionevoli ma forse le uniche necessarie.


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