Trasfigurazione del Signore – Domenica 6 agosto 2023 – Matteo 17,1-9
Nella XVIII domenica del Tempo ordinario sono i testi liturgici e biblici della festa della Trasfigurazione a risuonare. Torno, dopo mille volte, a chiedermi con voi il senso di quanto raccontato. Gesù sale in alto con alcuni intimi per rivelare altro di sè… è poi così diverso da quel che facciamo anche noi? Capita che a qualcuno in particolare, in un posto singolare, in un momento speciale, sentiamo il desiderio di consegnare anche solo qualche briciola del mistero di noi. Ricorderemo sicuramente momenti di questo tipo che abbiamo collezionato nel corso della nostra esistenza, sprazzi in cui ci siamo raccontanti con particolare intensità a qualche altro o squarci che si sono aperti nella vita d’altri per quanto ci hanno consegnato di loro e magari inaspettatamente. E comincio a vivere abitato dalla ricchezza che mi hai regalato, dalla bellezza che mi hai mostrato, dal tesoro che mi hai dischiuso. E tu vivi della mia ricchezza, della mia bellezza. Tesoro che si rivela prezioso soprattutto quando di nuovo a valle, immersi nel logorante quotidiano, ci ritroviamo magari alle prese con la povertà e la bruttura di un panorama e un orizzonte asfittici. Momenti in cui far memoria di una bellezza pur nascosta, magari sepolta che però, sotto traccia, carsicamente, non smette di riverberare. Quanto avviene su quel monte è come un segnale forte, un messaggio luminoso che raggiunge le vette di cui è punteggiata la vita, anche quelle su cui è infissa, come sul Golgota, una croce. È luce che permette di avere altri occhi dentro le notti, di scrutare l’oltre di ogni paura. In questa settimana ho fatto visita ai genitori di Jacopo, il diciassettenne che ha perso la vita in Austria durante una gara ciclistica, li ho conosciuti negli anni in cui stavo a Nove. Chi più di loro oggi è immerso nella nube di cui parla il vangelo? Chi non vede non può che aver paura. Eppure Francesco e Jessica, pur nel dolore che li dilania, attingono ad una visione di parole che rischiarano anche la tenebra più fitta. Vedono perchè hanno visto e non brancolano nel buio come chi non ha riferimenti. Piangono ma al contempo sperano. Pietro è l’entusiasta che vorrebbe fissare il momento, eternizzarlo, quasi per scongiurare il peggio, per risparmiarsi la fatica, per esorcizzare la sconfitta. Ma si tratta di ingredienti che la vita non ci risparmia, con essi invece la si impasta. Costruiamo tre capanne, suggerisce. Ma cosa c’è di più provvisorio di una capanna? È l’abitazione dei nomadi, di coloro che conducono una vita itinerante, dei pellegrini. Le costruiamo ma subito la vita ci investe, come la nube sul monte, come la nebbia lungo le strade dei nostri inverni, e allora seguiamo la vita dove ci porta, montando, smontando e rimontando le nostre tende, abitati dalla luce anche nelle tenebre, pieni del bagliore di Dio anche se avvolti nella notte.
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