Domenica 20 agosto 2023 – XX TOA – Matteo 15,21-28
Venerdì ho ricevuto la telefonata di una signora che conosco. Mi riferiva del colloquio con un amico il quale gli raccontava di un migrante, probabilmente non in regola coi documenti, che staziona davanti a qualche supermercato della zona e di notte dorme in rifugi di fortuna, magari sotto una siepe. Chiedeva a me dei contatti perché quest’uomo potesse trovare almeno di notte una collocazione dignitosa. Questo fatto non ho potuto non collegarlo al vangelo che abbiamo appena letto. Tiro e Sidone sono città pagane, città che Israele guarda con sdegno. Che poi sia una donna a farsi avanti è decisamente fuori luogo, che lo faccia poi con una tale arroganza, gridando, è inconcepibile. È l’uomo che eventualmente prende l’iniziativa. Cananea secondo Matteo, siro-fenicia scrive Marco, a evidenziarne anche la distanza e quindi la cattiva fama. Che poi si presenti senza un uomo può dirla lunga sul suo conto, una donna senza un uomo che donna sarà? Gesù sembra stranamente chiuso nella sua aurea di purità che non si lascia sfiorare e tantomeno scalfire dalle parole di questa donna. Sembra non volerle dare ascolto, la ignora, la tratta come normalmente si trattavano e ancora si trattano donne (pensiamo alle notizie di questi ultimi giorni) e stranieri. Non so se la sua inconsueta indifferenza è soltanto una tecnica messa in atto per vedere se i suoi, sorpresi da tanta distanza, non si lascino scuotere, provocare. Vogliono che qualcosa succeda ma fondamentalmente perché non li infastidisca, non li importuni oltre. Succede così anche a noi, vogliamo cavarcela in fretta in questi casi, metterci al riparo rapidamente magari offrendoci addirittura l’illusione di aver anche fatto qualcosa di buono. Davvero risultano patetici i suoi, come, se non ricordo male, quando attraversando Gerico incrociano un cieco che grida. Perché quegli urli fastidiosi finiscano bisogna fare qualcosa in fretta. Almeno le briciole ha il coraggio di chiedere quella donna, che domanda non per se stessa ma per la figlia malata. Le briciole: dopo che tu ti sei ingozzato, dopo che tu hai fatto la tua scorpacciata, dopo che hai risposto ingordamente ai tuoi minimi bisogni. Resteranno almeno le briciole? Nel libro del Levitico si prescrive che là dove si raccoglie il frutto dei campi si permetta ai poveri di spigolare, quindi di passare per recuperare quanto resta dimenticato dai primi raccoglitori (cfr Lv 19,9-10). Ecco, le briciole, almeno quello. Ma spesso neppure quelle tanto siamo insaziabili e avidi. Neppure quelle per non avere il fastidio di vederci ronzare intorno il rifiuto di tanto umano tranne poi volerli nelle nostre case a seguire i nostri vecchi, nelle aziende occupati in mansioni che nessun italiano fa più, nei locali per servire il nostro divertimento visto che per noi sta diventando inconcepibile e inaccettabile servire il tempo che gli altri si godono. Qualcuno dirà, è quello che abbiamo fatto noi quand’eravamo in giro per il mondo, quand’eravamo povera gente. Aiutami! L’abbiamo mai avvertito questo grido, questo appello, questa preghiera? Affiniamo l’orecchio, apriamo l’occhio, dilatiamo il cuore. Alla fine chi guarisce? Forse in questa circostanza potrebbe essere guarito anche Gesù, lui che di solito gli altri li guariva.
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