Mercoledì 1 novembre 2023 – Tutti i Santi – Matteo 5,1-12a

Pubblicato da emme il

Solennità di tutti i santi. Chi sono sti benedetti santi? I santi sono i vivi. Coloro che non muoiono perché la loro vita è stata viva. Non muoiono perché hanno contribuito a far circolare la vita grazie alle loro storie e per come hanno incrociato le storie d’altri. La nostra è sicuramente affollata di chi, ancora c’è o non c’è già più, e ha davvero moltiplicato in noi la vita, gente che abbiamo conosciuto o anche persone in cui si siamo imbattuti leggendo un libro, visitando i luoghi del loro passaggio, ascoltandone le memorie. Persone che ci hanno tenuti vivi grazie al buono che hanno messo in movimento. Credo sia una giornata fatta per dire grazie a queste vite. Qualcuno dirà sicuramente grazie a noi per il movimento di vita che noi abbiamo contribuito a creare. La festa di oggi se ci provoca è proprio in questa direzione. La vita che mi gioco è per la vita o fabbrica la morte, moltiplica la desolazione, fa dilagare la tristezza? È facile allargare l’obiettivo sui semi di morte che attecchiscono in sempre più vaste porzioni di mondo ma se l’obiettivo lo avvicino e lo focalizzo su confini ben più limitati, quelli del mio esistere, forse scorgo che anch’io ci metto di mio per incentivare la cultura della morte anziché quella della vita. La festa di oggi è naturalmente, ovviamente attigua alla giornata in cui si fa memoria dei defunti. Cosa ricordiamo di chi non c’è più? Qualcuno forse non riesce a scrollarsi di dosso un passato doloroso ma i più sono disposti a far affiorare i ricordi migliori, quelli in cui la vita è stata celebrata, incrementata, dilatata. È quello che succede quando incontriamo le famiglie di coloro che sono morti. Rarissimamente capita che qualcuno non riesca a dire proprio nulla ed è davvero triste. Quanta poca vita può circolare finchè siamo vivi. Che ognuno di noi voglia scampare questo pericolo. Facciamo in modo di restare vivi e umani almeno fino alla fine. Al resto penserà Dio. A noi compete questo, niente di più, niente di diverso. Una persona che conoscono mi ha raggiunto in questi giorni con un messaggio da cui estraggo solo queste poche righe: “Una volta vi era la paura, se non proprio il terrore, di morire “non in grazia di Dio”, cioè nel peccato. Ora di questo ci preoccupiamo molto meno, ma non ci accorgiamo che rischiamo di vivere tutta una vita disgraziata, tutta una vita in stato di “peccato mortale”, cioè che dà la morte”. Una vita che dà la morte per le scelte di non vita che facciamo, e non perché non facciamo figli ma perché non curiamo la vita dei vivi, quanta vita trascurata forse, non riconosciuta, non accolta, non promossa, non difesa. Eppure, leggiamo da Giovanni, siamo figli, tutti, non qualcuno più di qualcun altro, non qualcuno prima di qualcun altro. Oggi è festa ma è festa se mi abita la cultura della vita e se la difendo in ogni forma in cui essa ha la fantasia di esprimersi.


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