Domenica 5 novembre 2023 – XXXI TOA – Matteo 23,1-12
Essi dicono e non fanno. Gesù lo imputa a scribi e farisei, coloro che conoscono le Scritture e coloro che le osservano con rigore, o questo fanno intendere. Anche nel passo tratto dal profeta Malachia Dio si rivolge ai sacerdoti, a coloro che esercitano un’autorità su altri: “Avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento”. Perché dicono e non fanno. E io cosa dico e non faccio. Io cosa predico e non faccio. Io cosa impongo e non faccio. Sempre Malachia ha il coraggio di denunciare la parzialità di coloro che insegnano. Non sempre quel che dico genericamente a tutti è ciò che ho l’audacia di ripetere a qualcuno e allora il messaggio può perfino cambiare di segno, dipende a chi mi rivolgo. Ma questo cos’è se non convenienza, opportunismo? Le convinzioni più granitiche si sgretolano facilmente quando chi mi sta davanti ha un’idea diversa dalla mia e lui è più potente di me. Che triste! Invidio tanto coloro che hanno l’intrepidezza della coerenza al cospetto di qualcuno che gli sta sopra. Certo quando non è spavalderia, supponenza, arroganza. È bellissimo quello che leggiamo da Paolo nella lettera ai Tessalonicesi: “Avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari”. Le parole, fossero anche quelle di Dio, non bastano. Le parole non ti fanno compagnia quanto una vita che, ispirata dalle medesime parole, si affianca alla tua ed è disposta a condividere il peso, la fatica di quelle parole. La parola si fa divina quando la vesto della carne della mia vita. Se la parola che predico non mi fa uguale a te nella fatica di viverla è una parola ingannevole, innanzitutto per me. Non è solo questione di coerenza poi. A volte ci capita di spacciare per verità assoluta, immutabile, intoccabile ciò che non lo è. E lo facciamo come chiesa, lo fa la politica se diventa ideologica, lo facciamo noi dentro l’esercizio della nostra piccola o grande autorità. Esiste la verità? Non so se esista la verità, non so se esista una verità. Esistiamo noi nella fatica di diventare veri. Se noi fossimo il risultato dell’adeguarci a qualcosa che si impone dall’alto, da fuori saremmo un’aberrazione. Noi siamo il frutto dell’incontro con una parola che si è resa viva nella carne di qualcuno, è solo questo a renderci vivi, a renderci veri. È la fraternità di qualcuno che sta con noi al cospetto della stessa Parola. Qualcuno che non ha l’arroganza di farsi chiamare maestro, guida o padre, qualcuno che ha l’umiltà di starmi accanto da fratello, come Gesù il fratello universale.
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