Venerdì 8 dicembre 2023

Pubblicato da emme il

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria – Luca 1,26-38

La festa di oggi celebra la fecondità di tutto l’umano di cui Maria è solo il segno più luminoso. Maria è la conferma che il passaggio dalla sterilità del peccato e dell’invidia, sua triste declinazione, alla fecondità è possibile dentro la vita di ciascuno. È la fecondità a cui ogni vita si apre nel momento in cui chiude con ogni inutile contesa. L’esistenza si fa sterile se l’altro, Dio e ogni altro, sono gli antagonisti da cui difendersi. Maria, seppur preoccupata di capire (ci mancherebbe) è l’icona di un’apertura piena, incondizionata, libera all’avvento della vita. Vita, vieni! Ti offro la terra che sono perché tu possa trovare ospitalità. Mi commuove pensare che tante esistenze sono grembi gonfi, pronti a partorire vita, a consegnarla al mondo, ad accenderla. Si faccia, avvenga, si compi… lo Spirito ci trovi accondiscendenti non chiusi, ci trovi disponibili non sulle difensive, col cuore aperto non sbarrato.

La festa odierna arrivò al suo culmine solo nel 1854 con la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Fin dai primi secoli la chiesa d’Oriente ha fatto memoria della nascita di Maria ma solo nel X secolo questa festa fu adottata anche dall’Occidente. Gli ortodossi non hanno mai avvertito la necessità di questa definizione dogmatica che in occidente è legata fondamentalmente alla dottrina del peccato originale, seppur riconoscano anch’essi lo zampino di Dio nella nascita di Maria. Forse siamo leggermente più sessuofobici e abbiamo un rapporto un pochino più problematico con la sessualità, vedi i preti che non si sposano (quelli ortodossi sì) e tante nostre fisime legate a questa sfera che hanno fatto un sacco di danni nelle coscienze di tanti, soprattutto nel passato. Ma al di là di queste osservazioni di contorno il cuore è un altro. L’uomo che fin dalle prime pagine della Scrittura vorrebbe sottrarre a Dio un primato che di fatto resta solo suo (aspira ad essere immortale come Dio), ad un certo punto si ritrova fra le mani Dio stesso, nel figlio Gesù. Dio, colui che “condanna” l’uomo al limite (questo pensa l’uomo), Dio, colui che ci costringe a subire la nostra piccolezza, a farci i conti, di fatto si fa limite egli stesso, si fa piccolo, irrompe nella storia grazie alla nostra carne per consegnarsi vulnerabile a noi, alla nostra responsabilità, è disposto a correre il rischio di affidarsi all’umano, colui che può rappresentare il suo nemico più acerrimo ma anche il suo miglior possibile alleato. Rallegrati, dice l’angelo a Maria. Kaire, in greco. Il latino Ave non riesce a tradurre la potenza di quel Rallegrati. Sii felice uomo, perché, come Maria, sei pieno di un Dio piccolo che riconcilia l’uomo con la sua piccolezza. L’angelo dirà a Maria: Non temere. Sembra che nella Bibbia questo invito torni 365 volte, una per ciascuno dei giorni dell’anno. Non temere, abita il mondo nella forza della tua debolezza, nella grandezza del tuo essere limite. È il modo che ha scelto Dio per non farci paura, è il modo che possiamo scegliere noi per non mettere paura a nessuno e far finalmente piombare tutto e tutti nella pace.


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