Domenica 5 maggio 2024 – VI di Pasqua B – Giovanni 15,9-17

Pubblicato da emme il

Lo avvertiamo tutto il sapore dell’intenso addio contenuto nelle parole che abbiamo appena sentito. Gesù sta prendendo congedo dai suoi e le sue sono affermazioni accorate, venate di apprensione, di preoccupazione. Sta supplicando i suoi di amarsi. È quello che può fare qualcuno che sta prendendo congedo dai suoi cari, penso a chi, soprattutto nel passato, intraprendeva un viaggio lungo, dagli esiti incerti, o penso a chi sul letto di morte ha ancora la lucidità di dire ai suoi di non venir meno all’impegno di volersi bene. Forse anche l’orecchio di qualcuno di voi si è sentito indirizzare queste parole dalla persona da cui si stavano congedando. Amatevi! Potrebbe quasi stonare il fatto che alla parola amore sia ossessivamente associata la parola comando. L’amore può essere un comandamento? Se te lo dice una persona che ti ama, sì! E soprattutto se il pressante invito che ti rivolge non è dettato dalla fame narcisistica che il suo amore sia corrisposto. Avete notato che nel passo letto l’amore dato non domanda di essere restituito. “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”. Sentite quanto sia in realtà libero l’amore? Amare così non è facile, è l’amore di Dio: vi ho amati… amatevi! L’amore non è l’energia che si esaurisce in uno spazio asfittico, che non riesce a varcare il confine del noi. Lo abbiamo sentito anche dalla prima lettura: “Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone”. E noi? Non facciamo preferenze… l’amore si dilati, l’amore trasbordi, l’amore sconfini. L’amore non va da me a te e da te a me. Se fosse così andrebbe via via a spegnersi. Certo, dobbiamo riconoscere che di fatto l’amore ci nutre, ci tiene vivi, che essere amati è un bisogno primario, sarebbe illusorio negarlo. Ma l’amore resta vivo se circola, se trova spazi per comunicarsi, per diffondersi, per intrufolarsi soprattutto là dove si rischia ce ne sia davvero poco. L’amore colma i nostri vuoti, ma non colmi solo i nostri. Vorrei poter credere che l’amore di cui siamo capaci non sia solo l’esca perché qualcuno abbocchi e plachi la nostra fame di riconoscimento, di accettazione. Abbiamo fra le mani il potere enorme di amare, usiamo bene questo potere perché, come leggiamo nel vangelo, dilati la gioia finchè sia piena, perché sia frutto offerto alla domanda di amore che dilaga. Conosco una coppia che ha sei figli, tra cui una affetta da sindrome di down, hanno deciso di accogliere il figlio d’altri che al momento non sono capaci di esercitare adeguatamente la loro genitorialità… cos’è? Follia? Forse, ma non è folle l’amore? Siamo capaci di amare, questo è fuori discussione. Ma esercitiamoci affinchè i confini si spostino sempre un po’ più in là, oltre noi, oltre i nostri.


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