Domenica 26 maggio 2024 – SS. Trinità B – Matteo 28,16-20

Pubblicato da emme il

Dio Trinità! È un dogma che la chiesa indivisa ha definito a Nicea, il concilio che si è tenuto nel 325, anche se il termine aveva fatto la sua comparsa già in precedenza. È sicuramente il bisogno che abbiamo di definire l’indefinibile, di circoscrive l’inafferrabile. E non mi piace. E’ una festa che ha certo il suo fascino perché, questa è la narrazione che ne facciamo, racconta di un Dio che in sé stesso è relazione, è in comunione. Una relazione che resta di certo aperta. Ce lo mostra chiaramente anche la più celebre icona russa del maestro Andrej Rublev che per scrivere l’icona della Trinità, si perché l’icona è come una pagina sacra che l’autore ispirato scrive, ripesca dalla Bibbia l’episodio di Mamre: Abramo accoglie tre pellegrini, li ospita e li rifocilla. Ebbene, l’icona mostra i tre attorno ad una tavola che, nel lato che si offe a noi che guardiamo, è libera. Quel posto lo possiamo occupare noi. Possiamo sederci noi in loro compagnia. E poi c’è l’altro aneddoto che è difficile non continuare a citare, soprattutto oggi: il vescovo pugliese Tonino Bello parlava di Trinità giocando con la matematica. Quei tre che sono uno, diceva, sono il risultato non di una somma, l’operazione sarebbe sbagliata, ma di una moltiplicazione. 1x1x1 fa uno, eppure gli elementi dell’operazione sono tre. Immagine quanto mai efficace per tentare di dischiudere il mistero. Ma parlare così di Dio deve pur tornarmi utile, e risulta sensato solo nella misura in cui questa idea di Dio parla di me, del mio stare al mondo, del mio abitarlo in relazione, del mio cocciuto e ostinato fabbricare comunione. “Non dimenticate l’ospitalità, leggiamo nella lettera agli Ebri (13,2); alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”, e qui è chiaro il riferimento a Mamre. È il testo della lettera ai Romani che mi aiuta a stare su questi pensieri: lo Spirito di Dio è lo Spirito che ci rende figli, non schiavi. Figli e quindi eredi. I figli oggi, di certo non ieri, sono tutti uguali. Lo assicura la legge, almeno da noi, e lo assicura il vangelo. Per cui non esiste che qualcuno possa imporsi su un altro, non esiste che qualcuno sia meno figlio di un altro. È davvero così? Quanti figli di serie B-C-D… e chissà fin dove arriviamo scendendo questo baratro. Vi faccio un paio di esempi a partire da ciò con cui mi sono confrontato in questi ultimissimi giorni. Don Joseph arriva a inizio marzo dal Madagascar con l’aereo, la valigia, i documenti. L’8 maggio ha l’appuntamento in Questura per presentare i documenti per il rilascio del permesso di soggiorno, il 30 maggio tornerà in Questura a ritirarlo. A. ci ha messo un anno per arrivare in Italia, il permesso di soggiorno gli è scaduto a febbraio, l’appuntamento in Questura ce l’ha a settembre e il permesso, se glielo rinnovano, ce l’avrà dopo 3-4-5 mesi. Siamo figli tutti uguali? Incontro dopo qualche anno un giovane che si è laureato da pochissimo. Sta valutando in quale delle due grosse aziende contattate entrare, naturalmente a breve gli daranno un indeterminato. E invece c’è chi, certo senza titoli, a 20/30 o magari a 40/50 anni fa la spola tra un’agenzia interinale e un’altra ad elemosinare lavori precari che perpetuano la precarietà della sua vita. Non siamo figli tutti uguali! Forse è per questo che patisco questa festa. È la festa di un Dio che è in comunione in barba ad un’umanità spartita fra chi può essere figlio e chi non può che rassegnarsi ad esserlo meno di altri. 


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