Domenica 16 giugno 2024 – XI TOB – Marco 4,26-34
Così è il Regno di Dio… come un seme gettato nel terreno o come il più piccolo dei semi regalato alla terra. Come i gesti buoni più spontanei, le piccole parole gentili, i frammenti di dolce umanità consegnati inavvertitamente, i pensieri positivi che ci invadono la mente, la riconoscenza che non fatica ad esprimersi, l’apprezzamento distribuito senza contagocce, la libertà dalle aspettative, dall’apprensione rispetto ai risultati, ai riconoscimenti, dall’assillo del lavorare in perdita senza promesse di risultati. Il Regno di Dio è i tasselli di un puzzle. Ogni pezzo sembra inutile, insignificante se preso in se stesso e invece non te ne deve mancare nessuno per rendere coerente l’opera, tutto ha la stessa importanza, la bellezza appartiene all’insieme del niente, al tutto di ciò che sembra trascurabile. Noi siamo la composizione di queste mille particelle di umanità che ci hanno arricchito nel corso di un’intera vita, quasi tutte inavvertitamente, leggermente, silenziosamente, casualmente, provvidenzialmente. Il Regno di Dio è fragili segni di umano sparsi ovunque, fra chiunque, generosamente. Pur senza intenzionalità, ciò che dai, perché hai già ricevuto, farà strada, certo grazie a te, ma anche senza di te, e ciò che sembra piccolo potrai sorprendentemente incrociarlo moltiplicato, ingrandito, dilatato. È l’albero che ospita gli uccelli al riparo della sua ombra, eppure era in origine un invisibile seme di senape. È l’albero che farà frutti e presso cui troveranno dimora gli uccelli, eppure era all’inizio solo un ramoscello strappato dalla cima di un cedro. Il Regno di Dio è questo. Ma è chiaro che c’è pure il rovescio della medaglia. Sapete come si dice regno in tedesco? Reich. C’è il Regno di Dio e ci sono altri regni.Se basta un niente perchè fiorisca il meglio, basta un niente perché attecchisca e si ingrandisca il peggio. La logica è la stessa e la abitiamo nel bene come nel male, tutti, nessuno escluso. Certo le isole di plastica che infestano gli oceani non sono il mio prodotto ma posso avervi contribuito abbandonando sulla spiaggia una bottiglia vuota che il mare si è preso. Potrei non c’entrare nulla con le guerre che infestano il mondo ma se i miei soldi li metto in una delle banche armate, cioè quelle che finanziano fabbriche di armi (Unicredit e Intesa San Paolo in testa per quanto riguarda l’Italia), non sono forse responsabile anch’io del disastro in atto? E se compro anche solo un gratta e vinci non alimento forse una mentalità sbagliata che è quella di poter vincere, di poter far fortuna in barba al fatto che altri perdano anche solo 2 euro o che magari dilapidino lo stipendio o un patrimonio. E se accetto che non mi facciano lo scontrino, se non lo richiedo quando faccio un acquisto non divento complice di un meccanismo che produce ogni anno, pensate, in Italia 100 miliardi di evasione fiscale costringendo me e altri a ricorrere alla sanità privata, a viaggiare su strade dissestate, a non trovare posto negli asili nido per i miei figli, a pagare le tasse universitarie che in altri paesi invece non si si pagano. Può sembrare un po’ tragico ma potremmo finire queste riflessioni ridicendoci quando scrive Paolo ai Corinzi, nella sua seconda Lettera: “Tutti… dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male”. Che regno sto contribuendo ad edificare?
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