Commento domenicale 15/09/2024
15 Settembre 2024 Domenica XXIV T.O. anno B
Ci sono tre momenti nella messa in cui il sacerdote solleva dall’altare l’ostia ed il calice. Sono tre momenti diversi con significati rituali completamente diversi. Una prima volta nell’”Offertorio” vengono presentati il pane ed il vino al Dio dell’universo perché diventino per noi cibo di vita eterna. Qui non ha senso tenerli molto alzati, vanno semplicemente e naturalmente “presentati” e poi deposti sull’altare. Naturalmente l’altare dev’essere spoglio di ogni oggetto che impedisca il vedere. Dopo il racconto dell’istituzione (la consacrazione o santificazione), l’ostia ed il calice sono “mostrati all’assemblea”, l’ostensione, grosso modo dice il messale, all’altezza degli occhi. L’O.G.M.R. suggerisce per coloro che stanno in piedi di fare un inchino mentre il sacerdote genuflette, come un unico atto di adorazione dell’assemblea col celebrante. Alla fine della preghiera eucaristica c’è la terza e unica “elevazione” della patena e del calice, da una certa teologia chiamata “la grande elevazione” o “vera elevazione”. Si vuole in ogni caso distinguere questa “elevazione” dall’”ostensione” tanto che nella discussione della Sacrosantum Concilium si era quasi intenzionati a togliere l’ ”ostensione”. Da notare inoltre che ora i concelebranti, quando ci sono, si uniscono assieme al presidente con il gesto e la voce propria, non sottovoce come nell’ostensione, e tutti insieme ad alta voce dicono: “Per Cristo, con Cristo ed in Cristo …” è qui che ha luogo la vera “elevazione” ed il sacerdote eleva bene in alto, al di sopra dello sguardo, il corpo ed il sangue di Cristo.
Questa grande “dossologia” (lode e gloria a Dio) è tutt’uno con l’anafora (racconto dell’Istituzione), per cui viene pronunciata dal solo celebrante (o dai celebranti) e non dall’assemblea, contrariamente all’abitudine che qua e là si è presa.
Buona domenica
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