Domenica 27 ottobre 2024 – XXX TOB – Marco 10,46-52
Abbiamo solo bisogno, tutti, che qualcuno si accorga di noi, che qualcuno pronunci il nostro nome, che qualcuno ascolti il nostro grido. È così per tutti. E vangelo, buona notizia, è proprio questo, che qualcuno finalmente mi veda, che qualcuno finalmente mi senta. Ci sarà capitato che l’interessamento di qualcuno ci abbia rimesso in piedi, così come è capitato a Bartimeo. Ma capita che ci si ritrovi in difficoltà, feriti, accasciati, sfiduciati. Cosa sperare se non di ritrovare qualcuno, sulla nostra rotta, che perda tempo per noi, che abbia a cuore il mio malessere. Qualcuno che abbia pietà di noi cioè che sappia guardarci con gli occhi del cuore. Avremo incontrato anche chi ha distolto gli occhi da noi, ricordiamo di certo il sacerdote e il levita che passano oltre il malcapitato, chi non ha capito l’entità del nostro disagio, chi ha ridotto solo a fastidio il nostro gridare. Bartimeo è l’icona di ciascuno. Bartimeo è ognuno di noi col suo bagaglio di limiti, di marginalità, di fragilità, di anonimato. Ma Bartimeo è anche il desiderio, il bisogno, la necessità, l’urgenza di uscire allo scoperto, di gridare la fatica, di ritrovare dignità, di abitare la vita con rinnovata energia. Guai a chi fa naufragare il mio sogno e guai a me se contribuisco a tarpare le ali al sogno di qualcuno. Che triste l’immagine di quei tali che mettono il bavaglio a Bartimeo, perché non rompa, perché non disturbi. Ma quell’atto di prepotenza rischia di mandare ancor più alla deriva un’esistenza già troppo provata. Forse hanno zittito il nostro grido e soffocato il nostro male. E forse abbiamo, colpevolmente, anche noi fatto ingoiare ad altri le parole del loro agognato riscatto. Quanti poveri nell’impossibilità di dire la loro fatica. Quanti popoli ricacciati nel nulla. Mi ha colpito il grido di una senatrice aborigena australiana che ha gridato a Carlo III: Non sei il nostro re accusando la monarchia britannica del genocidio perpetrato contro il suo popolo. “Fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente”, estrapolo questa frase dal passo del profeta Geremia che abbiamo ascoltato come prima lettura. Fra noi Bartimeo trova posto o è ricacciato al suo posto? Vorremmo saper far nostra, magari a partire da ciò che anche noi abbiamo patito, l’amarezza di tanti inascoltati. Come scrive Paolo agli Ebrei fossimo capaci della giusta compassione perché anche noi siamo rivestiti di debolezza ed è quella debolezza che vinciamo solo se qualcun altro è disposto ad accoglierla, a non giudicarla, a comprenderla, a riscattarla.
Fossero affollate le strade di Bartimeo rimessi in piedi e non piuttosto i margini di Bartimeo lasciati marcire nell’indifferenza generale. Tanti risorti, gente rimessa in piedi invece che tanti morti viventi a lastricare le strade di altri trionfali passaggi. Magari i nostri.
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