Domenica 17 novembre 2024 – XXXIII TOB – Marco 13,24-32
Quelli che viviamo non sono certo tempi in cui stare allegri, ma mi pare che non fossero messi meglio 50 o 100 anni fa. Mercoledì abbiamo fatto visita, con un gruppo di persone, alla casa-museo di Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti esattamente 100 anni fa. Ho visto il film di Andrea Segre: Berlinguer – La grande ambizione. Gli anni dal ’73 al ’78, l’arco di tempo che il regista prende in considerazione, sono quelli della strage di Piazza della Loggia a Brescia per mano dei neofascisti, e del rapimento e dell’assassinio di Moro da parte delle Brigate Rosse. Il panorama mondiale è assai fosco come il cielo a cui fa cenno il vangelo che abbiamo letto, spento, tenebroso: l’incognita Stati Uniti, il conflitto in bilico fra Russia e Ucraina, il Medio Oriente allo sbando, la Cina cane che abbaia poco e per questo ci fa paura, la penisola arabica fuori dal controllo, l’Africa con i suoi insorgenti o perduranti scontri in almeno una decina di paesi. Può bastare! Eppure sotto il corbezzolo della canonica il fico continua imperterrito a mettere foglie, ad affondare radici, a ritirar su la testa ogni volta che tenti di smorzarne il vigore. Forse vi avevo già detto di quel fico che cresceva sulle pietre del campanile di Valdagno, dove stavo fino a 15 anni fa, a cinquanta metri d’altezza e non c’era verso di liberarsene. Il fico per Israele, ma di fatto per tutto il mondo semitico, è il simbolo per eccellenza dell’abbondanza. Ma è anche immagine del popolo di Dio che, se si mette in ascolto del suo Signore, produce frutti copiosi, ecco perché chi sta sotto il fico, come Natanaele, è colui che si nutre della sapienza della Scrittura. Anche nell’abside della chiesa di san Giuseppe, Giuseppe è ritratto appunto sognante sotto il fico, a rimpinzarsi di parole che non passano, di bellezza che non tramonta. “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento” abbiamo sentito dal libro del profeta Daniele. E ancora dal vangelo: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. A quali parole è appesa la mia vita, a quali parole si aggrappa, o a quali parole si radica? Là dove si seminano parole d’odio io so mettere insieme le lettere della parola pace? Là dove si coltiva il vocabolario dell’esclusione io so articolare parole che includono, aggregano, avvicinano? Là dove si dice ‘fuori’ io so dire ‘entra’. Là dove si impara a dire ‘mio’ io so dire ‘nostro’? Là dove si fabbricano bugie per screditare l’altro, io so tessere trama e ordito per portare a galla la verità? Là dove le parole strappano le relazioni io so incuneare parole che ricuciono le parti lacerate? Nel brano di questa domenica i potenti della storia sono identificati con il sole, la luna e le stelle, astri destinati ad eclissarsi. Solo giocandoci nei valori proclamati dal vangelo, le famose parole che non passano: condivisione, cura, giustizia… ci s’illumina Ci s’illumina solo se gli altri diventano luminosi. E se il faro non è ostinatamente puntato su di noi.
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