Domenica 15 dicembre 2024 – III di Avvento C – Luca 3,10-18
Non molto tempo fa ho visto un film su Netflix, Buy now. L’inganno del consumismo. Guardatelo se potete. Compra adesso, questa è la traduzione. Non vi dico niente del film se non che ogni settimana solo in Ghana arrivano 15 milioni di capi di abbigliamento e ci sono in tutto il Ghana 30 milioni di abitanti. Sono i vestiti che noi scartiamo e che finiscono nel mercato del riuso. Tutto quello che non riescono a piazzare finisce sulle spiagge dell’Atlantico. Montagne e montagne di vestiti oggi scandalosamente invadono la costa. Cercatelo: Buy now. Il film lo cito a partire da quanto abbiamo sentito dal vangelo di quest’oggi. Accontentatevi è uno dei verbi che mi raggiunge e mi provoca. Ho pensato ai vestiti nel mio armadio, a quanti ne ho. E ho pensato poi a noi che portiamo in Caritas i vestiti che non usiamo più. Ci culliamo nell’idea di essere brava gente perché qualcuno potrà usarli oltre noi. I commercianti mi odieranno: e se comprassimo solo ciò che ci è necessario, solo ciò che ci serve, solo ciò che ci basta? Perché di fatto doniamo per fare spazio nei nostri armadi, per comprare altro, per aggiungere, non raccontiamoci bugie… quasi mai per condividere davvero. Nei centri urbani in tanti si lamentano perché chiudono i negozi e così muoiono le città. Ma noi cosa siamo? Uomini o compratori? Non diciamo mai ho abbastanza, abbastanza significa che la misura è già colma, che non ce ne sta di più, e invece noi ad aggiungere sempre, insaziabilmente. Accontentarsi significa darsi un limite, porre una misura, segnare un confine e quindi moderarsi. Perché farlo? Perché è sano che il desiderio o la brama conoscano dei limiti, è salutare per noi ed è salutare per il mondo che abitiamo, è salutare per chi questo mondo lo abita con noi ma spesso non può permettersi il lusso di desiderare, resterebbe un desiderio frustrato. Giovedì, quando insieme, a San Zeno, in realtà eravamo un gruppo molto contenuto, abbiamo approfondito il vangelo di questa domenica, abbiamo poi sostato davanti all’eucarestia in silenzio. Quel pane è la presenza di colui che ci ammonisce a pensarci in relazione, a immaginarci in comunione, a percepirci fratelli e sorelle. È un pane il cui senso si compie solo quand’é spezzato e condiviso, come la vita. Qualcuno giovedì auspicava di trovare ancora e sempre lungo il suo cammino dei profeti, come Giovanni, che hanno la faccia tosta di dirci cosa fare, per uscire dal torpore in cui sono immerse le nostre menti e dall’ottundimento dei cuori. Ma una cosa resta fondamentale: che ci facciamo delle domande, che ci chiediamo ancora cosa dobbiamo fare. Altrimenti siamo fritti, siamo spacciati. Senza domande le risposte ce le forniranno gli altri ma non saranno di certo le risposte a quelle domande che potrebbero nutrire davvero l’umano e i suoi veri bisogni.
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