Commento domenicale 07/04/2024
II Domenica di Pasqua 2024 – Anno B.
Valore teologico della “lettura”.
“Celebrans et ministri, clerus et populus sedentes auscultant.” Questa norma uscita nel 1955 ebbe una larga risonanza nel mondo dei liturgisti e così si apriva la breccia del muro che aprì alla lettura nella lingua nazionale voluta dal Vaticano II (abbandonando definitivamente il latino nella Santa Messa). Oggi nell’Introduzione generale del Messale leggiamo: “Le letture della parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della liturgia, si devono ascoltare da tutti con venerazione.” (n.29/9) Ascoltare, sono passati 70 anni ma non cessa l’abitudine della lettura nel foglietto e se ancora fosse riproposta la norma dell’ascolto sarebbe accettata di malavoglia e non ci sarebbe ancora l’atteggiamento richiesto. La lettura ha come obiettivo un dialogo tra Dio e l’assemblea (dialogo si ha tra due persone, non c’è dialogo in una persona che legge). Dialogo con Dio? “Nella liturgia Dio parla al suo popolo, Cristo annuncia il Vangelo” (SC 33) anche (OGMR 29). Attraverso la lettura si passa a un livello superiore: ad un dialogo cioè ad un incontro, ad un colloquio diretto tra Dio ed il popolo. Il lettore come strumento che reca il messaggio di Dio, una voce che lascia trasparire quella di Dio. Dio è presente e rivolge la sua parola, parola viva, concreta, come materializzata. A una persona che parla si chiede ovviamente l’ascolto: con maggior ragione è richiesto l’atteggiamento di ascolto di fronte a Dio che parla per mezzo del lettore. Rinchiudersi nella propria lettura significa non comprendere il significato di quanto compiuto dal lettore. “Se è Dio stesso (la Chiesa) che sceglie quello strumento, il lettore, e quella forma, la proclamazione pubblica, non si comprende né si giustifica la lettura personale. (Rinaldo Falsini L’ASSEMBLEA EUCARISTICA -Ed.Ancora 2004)
All’”ambone” nella messa si sale solo per la “Liturgia della Parola” e anche fuori dalla messa si legge solo la “Paola di Dio” è stato detto, e come sta scritto nelle norme del messale, ma il rispetto e l’onore dovuto al secondo altare (la presenza reale di Cristo all’ambone quando si leggono le sacre Scritture, la Parola di Dio, è pari alla presenza reale dell’Eucarestia) non è dato dalla “Sacra Scrittura” in sè, ma dal lettore. All’ambone infatti sale solo il lettore istituito o una persona riconosciuta idonea altrimenti vengono lette dal sacerdote: il ragazzino o la persona non idonea non deve salire all’ambone; indipendentemente dalla sacra lettura che deve leggere.
“Sembra si segua a volte un criterio democratico e familiare nelle parrocchie quando si invita a leggere lì per lì un volontario o uno qualunque a recarsi all’ambone: non è segno di rispetto né verso la parola di Dio né verso la comunità che vuole incontrare Dio nella sua parola. La delicatezza del ministero del lettore deve scoraggiare ogni improvvisazione e tendere invece ad una formazione attenta e accurata, che si articola su un duplice registro: quello spirituale e quello tecnico.” (Liturgia e bellezza, Mons. Piero Marini, Resp. Ufficio Celebrazioni Liturgiche Vaticane, 2006).
Nei Principi e norme per l’uso del Messale Romano al n. 34 si dice che «secondo la tradizione l’ufficio di proclamare le letture non spetta al presidente ma ad uno dei ministri». In linea di principio non deve essere il presidente a proclamare le letture nella celebrazione, eccettuati i casi in cui nessun altro idoneo lo possa fare.“
Buona domenica
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