Commento domenicale 13/04/2025
13/04/2025 SETTIMANA SANTA 2025
Molti potenti del mondo giurano sulla Bibbia.
Ma Gesù non scrisse nulla, se non quello sulla polvere di Gv 8,1-11, come d’altronde non scrivevano i “rabbì” o i profeti in Israele, altri scrivevano. Lo scritto diventa fonte di interpretazione e di limite.
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1), Dio che è il tutto, si fa parola, “una sottile voce di silenzio” (1Re 19,12b), parola che appena detta è già finita, perché nella storia degli uomini non ce ne siano due di uguali. Che dire allora della Bibbia, la “parola di Dio”? Anche dopo tremila anni non rimangono le parole, i versetti, e nemmeno i libri, ma rimane nel cuore, dopo aver letto la Bibbia, un calore tutto umano, un desiderio di verità e di infinito.
La storia è sempre un divenire, “Io sono quello che sarò” questo è il vero nome del nostro Dio. Gesù non scrisse, come Mosè la Legge su tavole di pietra, “Gesù chinatosi si mise a scrivere per terra” (Gv 8,1-11) non più sulla pietra, ma sulla terra sabbiosa simbolo dell’humus, la materia di cui è fatto l’essere umano, il terroso. “Una legge scritta nella polvere è una legge fragile, malleabile, rimodellabile, a dire che la legge di Cristo non è più una legge generale, perché il figlio di Dio è venuto a consegnare a ciascuno la parola scritta per lui e per lui stesso la scrive.” (Vita Pastorale 04/2025)
Buona domenica
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