Commento domenicale 22/10/2023
XXIX Domenica T.O. Anno A
“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. (Mt 22,15-21)
“Non abbiamo altro re che Cesare” (Gv 19,4-15) dicevano a Pilato i farisei e gli anziani ebrei, negando e cancellando tutta la loro storia ed è così anche per noi quando siamo incapaci di scelte personali per abbandonarci al pensiero comune e tacitare una coscienza che ci chiede di “rendere a Dio quello che è di Dio”.
Da sempre il pensiero del Vangelo di oggi viene letto come volontà di separazione della religione dalla politica o meglio come dev’essere istituzionalmente e come nella storia non è mai stato. Con questo però dobbiamo dire che se politica vuol dire essere al servizio del bene della comunità, schierata a favore dei più deboli, che non rincorre facili consensi, ma è sempre al servizio della verità e della giustizia, chi meglio del Vangelo è al servizio di tutto questo? Gesù non dà la mano a Cesare, ha scelto la libertà, e da lì a poco Pilato lo crocifiggerà. “Dare a Cesare quello che è di Cesare” è quindi per noi l’invito a non essere schiavi, ma essere liberi, liberi di poter pensare ed agire rincorrendo quello che sentiamo essere verità, di fronte a qualsiasi Cesare del momento. “Che cos’è la verità” chiede Pilato a Gesù e ce lo chiediamo tutti, oggi, in un mondo che non si sta scristianizzando, ma disumanizzando, io sono la via verità dice Gesù (Gv 14,1-12) e testimonia la capacità di essere liberi dell’uomo. La libertà e la verità sono le cose che Cesare più teme e che Dio più ama.
Buona domenica
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