Commento domenicale 23/07/2023
Domenica XVI T.O. anno A
Aspettando un dio artificiale.
Nella parabola del figliol prodigo (Lc 15,11-32) quel padre è vecchio, mezzo cieco, forse zoppica .. è ridicolo nella sua corsa, goffo, ma raccolti i vestiti corre come può e va incontro al suo figlio che se ne era andato sbattendo la porta e poi non lo lascia nemmeno parlare, lo copre col suo abbraccio .. “Padre ho sbagliato..” “Mettetegli il mantello” “Padre io ..” “Dategli l’anello, fate festa, uccidete il bue grasso, fate presto..”, non lo lascia nemmeno parlare, lo aveva già accolto in casa, non voleva nulla da lui: questo è il nostro Dio di carne e di sangue, un cuore che palpita.
Quel Padre insegna ai suoi figli che gioia di vivere non è il patrimonio, l’anello o il capretto, ma l’essere vicino al Padre. E’ come dire che importante per l’uomo è vivere realizzando l’umano per cui siamo su questa terra, ma nessuno di quei due fratelli e non ce n’è un terzo, crede sia possibile realizzare così la loro vita e uno se ne va “Dammi quello che mi spetta” e l’altro, il maggiore, vive col padre come un peso, un dovere, una fatica. Già ad Adamo andava stretto il Paradiso Terrestre e Caino era alla porta e noi dopo duemila anni di cristianesimo viviamo in un mondo occidentale senza Dio, secolarizzato, scristianizzato, avido di un desiderio di un Dio che non ha più. Forse anche noi come quei due fratelli nemmeno possiamo essere diversi e quel padre lo sa e allora perdona, senza chiedere nulla, aspettando che il minore, il prodigo, se ne vada un’altra volta e poi chissà quante altre volte e vive col maggiore che non ha nemmeno il coraggio di dire “Dammi quello che mi spetta”.
E noi oggi come loro, immersi nel buon senso delle logiche ineccepibili, scientifiche o meno, in attesa di un dio artificiale, non riusciamo nemmeno cogliere e vivere o solo vedere la profondità e la bellezza del messaggio cristiano.
Buona domenica
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