Commento domenicale 28/07/2024
Domenica XVII T.O. anno B
Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. (Gv 6,1-15)
Nel deserto della prova, dopo quaranta giorni e quaranta notti “alla fine ebbe fame”. Gesù conosce la fame e riconosce la fame dell’altro. Gesù non resta impassibile di fronte alla gente affamata, la sua è una infinita compassione verso la sofferenza umana: ma Gesù non c’è più.
Ci ha lasciato se stesso come pane della vita, e un modo di comunicare alla fame che è già un modo di dar da mangiare. Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci e la folla dirà che ci ha dato da mangiare, “Gesù avrebbe voluto che quella folla comprendesse che quella fame e quella sete, che è l’uomo, ha la sua risposta non nel pane quotidiano che si mangia, ma in qualcosa che sazia più profondamente il bisogno e il desiderio dell’uomo e della verità dell’uomo, cioè Gesù Cristo stesso.” (Vita Pastorale Luglio 2024)
Ma io ho fame ancora.
Gesù ci chiede di passare da una soluzione-prestazione, al servizio al donarsi: “Date voi stessi da mangiare”, servizio che è vivere e poi condividere quello che abbiamo, amore e pane e ce n’è per tutti, ma sembra proprio un’utopia. Il cristianesimo è utopia, ma non per questo meno bello e degno di essere vissuto fino in fondo; insomma proviamo!
Buona domenica
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