Domenica 11 dicembre 2022 – 3 di Avvento A – Matteo 11,2-11

Pubblicato da emme il

“Beato colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Sono le ultime parole che Gesù consegna al Battista per mezzo dei suoi. Ebbene sì, il vangelo scandalizza. È ciò che si frappone come ostacolo nel tuo cammino, è ciò contro cui urti, è ciò su cui inciampi. È interessante pensare e forse sperimentare che il vangelo di Gesù sia come una trappola in cui cadi. Ti rialzi, ma come? Segnato? Magari! Quanto si racconta nel vangelo a proposito di risvegli, ripartenze, riscatti, l’abbiamo trovato, pari pari, anche nella prima lettura e nel salmo. Non possiamo non inciampare dunque in queste parole ripetute che promettono inizi nuovi ai diseredati, agli ultimi, agli emarginati. “Dobbiamo aspettarne un altro?”. Questo vuole sapere il Battista. Sono questi i segni con cui si rivela il Messia atteso? Cioè un deserto che fiorisce, la terra arida e la steppa che diventano come canneti e giuncaie? Pare di sì! E allora, aspettarne un altro perché? Perché potrebbe non andarci bene che qualcuno apra gli occhi sulla sua vita e magari sulla mia. Potrebbe darmi fastidio che lo sciancato si rimetta in piedi e magari mi superi, sopravanzi. Potrebbe non andarmi a genio che qualcuno risvegli in sé la necessità di ascoltare davvero il proprio bisogno col rischio per me di avere dei contendenti nella dinamica della spartizione della torta. E che i tenuti fuori pretendano di occupare quel centro che fino ad oggi è stato il mio posto, ebbene, anche questo potrebbe diventare un problema. E che perfino i morti, cioè coloro che hanno finito per non esistere, rivendichino la loro parte, beh, potrebbe diventare un dramma. Questo sconvolgimento destabilizzerebbe di certo quel piccolo o grande spazio in cui mi sono imposto e che mi sono ricavato, spesse volte anche senza troppa fatica. Nessuno può/deve venire a detronizzarmi. Esistono le versioni macro di questo fenomeno: pensiamo alle migrazioni, qualcuno che si impone sulla mia cultura, che si fa largo a casa mia, che viene a farsi ricco con ciò che non è suo. Oppure ai conflitti che pure sono rivendicazioni di un popolo contro un altro popolo, o forse più correttamente di un potente contro un altro potente. Oppure l’affermazione del diritto di esistere senza il bavaglio sulla bocca, in Cina come in Iran e chissà in quanti altri posti. Ma il mio piccolo mondo, il mio dentro non è affatto estraneo a queste logiche. Il vangelo di oggi finisce con una frase che vorremmo lasciasse il segno: “il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”, del Battista che era stato appena definito il più grande fra i nati di donna. Che il più piccolo sia il più grande può non entusiasmarci, per i motivi che ho già detto. Ma quel piccolo che domanda di crescere, di essere visto, ascoltato, considerato, riconosciuto potrei essere io. E allora non mi do da fare, non combatto, non protesto? Se fossi io quel piccolo vorrei la solidarietà di chi si nutre di vangelo. La stessa con cui potrei affiancare qualcun altro nella sua lotta perché fuggano tristezza e pianto e fioriscano gioia e felicità.


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