Domenica 11 settembre 2022 – XXVI TOC – Luca 15,1-32

Pubblicato da emme il

Chi non conosce queste tre parabole, le cosiddette parabole della misericordia? Le troviamo al capitolo 15 del vangelo di Luca. Solo quella della pecora perduta la leggiamo anche nel vangelo di Matteo, le altre due sono esclusive di Luca. Perché Gesù le racconta? Perché torniamo a farci i conti? Gesù le racconta per dirci chi è Dio. Mi lascia di stucco pensare che quanto leggiamo oggi è quanto hanno letto, o meglio sentito, i cristiani da duemila anni a questa parte e non mi capacito per come in lunghe stagioni si è parlato di Dio, si è pensato a lui: un Dio tremendo, castigatore, un Dio da temere, di cui aver paura. Roba da matti. Che se è n’è fatto del vangelo, cosa ne hanno fatto coloro che ce l’avevano fra le mani per consegnarlo? E oggi? Abbiamo davvero superato quella certa idea di Dio? Non credo. E me lo conferma qualche confessione, qualche dialogo, qualche mail farneticante che ricevo dove si continua a dipingere Dio con tratti tanto foschi, direi medievali, se il Medioevo è stato il tempo buio di cui si dice. E noi perché torniamo a meditarla questa pagina? Io direi per fare i conti con gli uomini e le donne che siamo. Gesù nel racconto che fa disegna il volto di un Dio affranto, che è come quello di un pastore che perde pur una sola delle sue pecore, e ne ha ancora novantanove, o come quello di una donna disperata che ha smarrito un’unica moneta di cui faceva conto, eppure nel gruzzolo ce ne sono ancora nove, o come quello di un padre distrutto che vede partire da casa uno dei due suoi figli senza sapere se potrà rivederne il volto, eppure ne ha un altro che sembra tutto sommato affidabile, rispettoso, laborioso. Dio è questo e saperlo mi consegna alla pace ma saperlo al contempo mi getta nello sconforto… io che uomo sono, se la pecora, se la moneta, se il figlio sono l’emblema di un fratello da cercare, da scovare, da attendere… Sono un uomo sensibile o indifferente, accorto o distratto, appassionato o completamente distratto da me? La cura del pastore o della donna o del padre dicono della cura con cui stare dentro le relazioni, come dicono della premura di un Dio che i peccatori li accoglie e non li respinge, che con essi spartisce la tavola, come questa mensa. Ma attorno a questo altare chi siamo, come siamo, cosa circola fra noi? E chi non c’è? Pazienza se qualcuno diserta questo convenire, peggio è se attorno al tavolo della nostra quotidianità qualcuno non trova posto, qualcuno non è atteso e desiderato. Il Dio di cui Gesù ci racconta è un Dio che fa festa, che si rallegra, che gioisce… è l’epilogo di ognuno dei tre racconti. L’invidia, quella del figlio che è restato a casa, tenta di spegnerlo quel divampare di gioia. Saper vibrare perché ci sei anche tu, perché non sei in più, non sei un intrigo, non sei una noia, sei la presenza necessaria perché la gioia sia piena davvero.


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