Domenica 12 dicembre 2021 – III di Avvento C – Luca 3,10-18
Di tutti i corsi di morale che ho fatto in seminario negli anni della formazione sui libri di un certo Enrico Chiavacci ricordo con forza quella che chiamerei una massima che recita così: “Non cercare di arricchirti. Se hai, hai per dare”. Questa frase mi rimbalza alla mente per quello che abbiamo letto nel vangelo di oggi. Alla stessa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?” posta da tre diverse componenti della società del tempo di Gesù, Giovanni, senza tentennamenti, offre in sostanza la stessa risposta: siate attenti agli altri e non approfittatevi degli altri. La memoria mi soccorre ancora e ricordo di aver letto un paio d’anni fa, o poco meno, un’amaca di Michele Serra, una rubrica in cui il giornalista fa considerazioni a partire da questioni di varia natura. Averne abbastanza, era il titolo. “Di soldi ne ho abbastanza”, dice l’ex star della Roma Daniele De Rossi (sono andato ad accertarmi se si trattasse di un calciatore… è così. Lo dico per i più sprovveduti, come me) per spiegare la sua decisione di abbandonare il calcio. Di persone che abbandonano la scena perché “di soldi ne hanno abbastanza” non ce ne sono molte, soprattutto tra coloro che hanno un sacco di soldi. Al contrario, l’accumulo di denaro, di successo, di popolarità spesso produce una specie di coazione a ripetere: qualcosa che imprigiona al ruolo piuttosto che rendere liberi. Quanto è “abbastanza”? Uno dei capolavori del capitalismo è avere cancellato il concetto. “Abbastanza” non esiste, perché se esistesse verrebbe meno la spinta nevrotica all’accumulo illimitato di beni e di potere. Non credo che De Rossi sia un intellettuale o un anacoreta, ma dev’essere un uomo sano, e a suo modo saggio, se utilizza quell’avverbio così desueto – abbastanza – per spiegare un passaggio di vita. Ne ho abbastanza, ho fatto abbastanza, possiedo abbastanza, insomma mi basta quello che ho fatto e quello che ho. Cercherò altrove (nella famiglia? nei viaggi? nella crescita personale?) ciò che non ho potuto trovare nella gloria del successo sportivo e nella gratificazione del benessere economico. Bisognerebbe fondare un club degli Abbastanza. Cambierebbe il mondo”. Scusate questa lunga citazione ma averla sentita potrebbe aiutarci a ragionare su cosa sia l’abbastanza per noi e soprattutto sul perché ad un certo punto bisogna saper dire: è abbastanza, perché generalmente non è mai abbastanza. Assisto, come tanti, alla pietosa scena di coloro che nei bar, nelle tabaccherie, nelle ricevitorie tentano la fortuna sperperando fortune, gente che svuota il portafogli nella speranza di diventare più ricca, di avere di più e poi magari tarpano le ali, con giudizi impietosi, ai sogni ben più onesti di coloro per i quali la misura colma è un miraggio ancora assai lontano per poter dire… è abbastanza. Per tanti non è ancora abbastanza. Per tanti altri probabilmente è già troppo e da tempo. “Non angustiatevi per nulla” raccomanda Paolo ai Filippesi… c’è altro su cui concentrarci… e spesso altro è l’altro, un altro sovente trascurato, dimenticato, evitato o piuttosto usato. Il vangelo ad un certo punto offre una virata apocalittica, si parla di grano messo al sicuro e di paglia bruciata. Sarebbe bello non servissero minacce per convincerci a vivere una fraternità più reale magari proprio a partire dalla capacità di dire, come Daniele De Rossi, è abbastanza.
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