Domenica 14 marzo 2021 – 4^ di Quaresima B – Giovanni 3,14-21

Pubblicato da emme il

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. Nel foglietto degli avvisi di questa settimana abbiamo riproposto un quadro di Arcabas, un pittore tedesco che mi piace un sacco, se non sbaglio l’opera in questione fa parte del ciclo pittorico che ha realizzato per una chiesa italiana. Una croce immersa nello squarcio profondo di una terra scura. L’innalzato è in realtà anche lo sprofondato. Ebbene, la croce sembra trascinare nel ventre della terra quell’oro che inonda il cielo che la sovrasta. La croce ha lo stesso colore della terra in cui sembra gettata come seme, è Cristo pregno di quell’umanità che spartisce con noi senza sconti. Mi spiace che non ce l’abbiate davanti agli occhi. Nella seconda domenica di quaresima, se ricordate, eravamo con Gesù sul monte della trasfigurazione. Lassù la luce sfolgorava dilatandosi libera, qui si fa largo nel ventre angusto e inospitale dei nostri abissi. Potrebbe sembrare perfino un embrione che si crea spazio nell’utero di una donna. Fin lì quindi, a fecondare le nostre notti trascinandovi la vita, innestandovela. Nella mia ricerca ho trovato un testo di Silvia Barbieri a commento di questa immagine, scrive: “Benedico ogni cavità che si fa Vaso Solco Scanalatura Utero Lucente Promessa perpetua di gravidanza… Benedico La Luce Cannibale del buio, Lo ingoia, lo disfa Lo restituisce all’oro santo della luminescenza Luce che fa della crepa il passaggio divino Luce che si fa della fossa la Via alla Verità”. E a proposito di crepa… non posso non pensare alle opere che stiamo esponendo una dopo l’altra in queste domeniche di quaresima. Le crepe che decretano una morte irreversibile, una tragica fine,  diventano, invece, ferite rimarginate da quel tanto amore che Dio riversa sul mondo rendendo luminoso, quindi abitabile. Anche l’antro più tenebroso e inospitale. “La luce è venuta nel mondo”, abbiamo letto. Allora penetri, si intrufoli negli spazi che vorremmo negarle per difendere a denti stretti le nostre zone d’ombra, le nostre malsane abitudini, le nostre opere malvagie, così le chiama il vangelo. La Pasqua a cui ci approssimiamo è la festa di coloro che non odiano la luce, che piuttosto la cercano, la ospitano, la amano più delle tenebre nel cui favore potremmo dar sfogo alla nostra bestialità. Non mi stanco di riacciuffare quel passo di Filippesi in cui si racconta di un Dio così convertito all’umano da abbandonare le sue prerogative e immergersi in esso, sprofondando in esso, abbassandosi in esso fino all’estremo, fino a toccare il fondo che è il nostro fondo. E tutto questo per salvare non per condannare. Nel vangelo di Matteo c’è una frase forte: “Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”. Ti sei trascinato nelle viscere di noi perché anche lì arrivi la luce. Anche lì la tua luce germogli in tanto amore perché sia eterna, piena, compiuta la vita nostra e di tutti.


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