Domenica 18 dicembre 2022 – 4° di Avvento A – Matteo 1,18-24

Pubblicato da emme il

Cosa significa che Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo? Boh! Francamente non lo so. Perché quel figlio possa essere il Figlio di Dio non può esserci il concorso di Giuseppe? Questo significa? Giuseppe non c’entra? Ma la biologicità della questione non mi interessa anche perché mi pare non sia questo il nodo principale. Potremmo perfino fare le pulci ai testi sacri e rammentare che nella versione greca della Bibbia dei LXX (III secolo a.C.), in Isaia 7, prima lettura di oggi, si traduce con parthenos (vergine) quanto, prima della traduzione, era almah, cioè giovane donna o ragazza. Non era scritto betulah, che in ebraico significa vergine. Capite che così traducendo, tradendo il testo originario, si avvalla una vigorosa sterzata interpretativa. Scusate se mi sono avventurato in questa precisazione ma è per suffragare l’idea che mi sembra centrale qualcos’altro. E che cosa? Qui tiro in ballo Giuseppe che è il vero protagonista del vangelo di oggi, quarta domenica di Avvento. Si dice che Giuseppe fosse un uomo giusto e glielo riconosciamo come una qualità, un punto d’onore. Giuseppe avrebbe potuto denunciare pubblicamente Maria ed esporla così alla legge che per le spose, anche solo promesse, prevedeva la lapidazione, se avessero concepito un figlio di dubbia paternità. Quindi Giuseppe, pur ferito nell’orgoglio, pensiamo di poter supporre, non si lascia strattonare dalle emozioni e non si lascia condizionare dall’istinto che potrebbe scatenarsi con furia cieca su Maria uccidendola. La storia di Giuseppe ci fa intuire che la legge, che per definizione serve a difendere ciò che è giusto e punire ciò che è sbagliato, va superata per far spazio ad un’altra idea, più alta e nobile, di giustizia. Quante volte la legge ci autorizza ad essere semplicemente e terribilmente spietati, disumanamente vendicativi. Se fosse la legge dell’occhio per occhio e dente per dente a reggere i fili della storia e delle nostre storie vivremmo in un mondo tremendo, e lo intravvediamo già dentro gli scenari più o meno intimi del mondo che abitiamo. Ma faccio un passaggio per arrivare al dunque. Giuseppe deve poter sognare per fare spazio a ciò che viene dallo Spirito, a ciò che scardina gli schemi, a ciò che dirotta la nostra storia in altre direzioni, a ciò che sovverte l’ordine fissato. Sognare, nella Bibbia, è fare spazio all’orizzonte di Dio superando i nostri, così ristretti, angusti, claustrofobici. Sognare è fare spazio alla follia dell’impensabile, dell’inaccettabile, dell’inamissibile. È solo per aver dato spazio ai sogni che la nostra vita può dirsi viva. Acaz, un segno non lo vuole, abbiamo letto da Isaia. È come dire che non vuole sognare perché ha già i suoi piani, e invitare Dio ad offrirgli un segno significa accettare che la propria storia possa prendere altre pieghe. Per questo Acaz sarà punito. La vita non ci punisca per la paura di osare a sognare. Giuseppe ha rischiato e ha fatto spazio niente meno che ad un Dio che è con noi (Emmanuele), un Dio che salva (Gesù) proprio perché abita il nostro orizzonte allargandolo alla misura dei suoi sogni.


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