Domenica 18 ottobre 2020 – 29^TOA – Matteo 22,15-21
Gesù fa verità, ma non coi discorsi. Gesù non distoglie lo sguardo dalle persone ma al contrario affonda nei loro volti il suo sguardo. Ci guarda in faccia e non passa oltre. E dire che non abbia soggezione di alcuno non significa dire che non si assoggetti al bisogno di ognuno, su quel bisogno si piega. Cosa è lecito e cosa non lo è? Per Gesù è estremamente chiaro! Nel vangelo Gesù liquida abbastanza sbrigativamente i suoi oppositori che lo interpellano su una questione sostanzialmente politica: riconoscere o no l’autorità del dominatore romano? Perché pagargli le tasse significa accettarne il dominio. Gesù apre ben altre prospettive con quella frase anodina: date “a Dio quello che è di Dio”.
Faccio incetta nella mia memoria di fatti, fra un sacco di episodi raccontati nel vangelo, dove mi sembra chiarito il senso di questa frase. Li conoscete tutti anche voi: il malcapitato rinvenuto sulla strada fra Gerusalemme e Gerico, non ignorato ma raccolto e curato; la donna sorpresa a letto con un uomo che non è suo marito, perdonata e non certo lapidata; l’uomo con la mano paralizzata, o il cieco dalla nascita, o l’infermo sotto i portici della piscina di Betzatà, gente non abbandonata a se stessa perché è il giorno santo del sabato, ma guarita e riconsegnata alla pienezza dell’esistere; e poi i morti risuscitati: la figlia di Giairo, l’amico Lazzaro, il figlio della vedova di Nain, gente non lasciata in balia della morte ma riconsegnata alla vita e alle relazioni. Questo significa dare a Dio ciò che è di Dio. Riconsegnargli l’uomo e l’umano di ciascuno: ricucito, riassestato, risanato. Piccola digressione… Fabiola Scremin, promotrice di Multipolo. Le tecniche dell’arte, per l’ultima festa della ceramica di Nove ha presentato in mostra sette pezzi di ceramica rimessi insieme dopo rovinose rotture, attraverso sette diverse tecniche di ricomposizione. Ecco l’obiettivo: ridarci a Dio recuperando, riassemblando la nostra umanità, e quella di tutti per ritrovarla capace di esprimere l’immagine e la somiglianza originarie col Dio che ci ha plasmati. Quanta umanità da ritrovare fra le rovine di noi e quanta da ritrovare fra l’umano disintegrato che ci circonda. La notizia della settimana che mi ha sconcertato di più è quella che raccontava di una ragazza di Amelia a cui è stata regalata dell’eroina nel giorno in cui compiva 18 anni. Un regalo che le ha regalato la morte. Quanto umano da ritrovare, quanto umano, in primis il nostro, da guarire, per poterlo riconsegnare ad una vita piena. Ci occupiamo spesso di ciò che finisce per sfigurarci e dissestarci… occupiamoci piuttosto di noi e dell’umano da ritrovare. Guardiamoci in faccia e l’umano che fiorisce ci convinca a ritracciare la rotta nella giusta direzione, l’umano così come l’ha interpretato Gesù sia la nostra stella polare.
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