Domenica 22 gennaio 2022 – III TOA – Matteo 4,12-23

Pubblicato da emme il

Recentemente mio nipote ha compiuto gli anni, 22. Siamo usciti a cena insieme qualche sera fa ed è stato consolante e al contempo piacevole sentirgli dire di come sta prendendo in mano la sua vita, degli apprezzamenti che sta ricevendo nel luogo in cui lavora un paio di giorni a settimana in alternanza con gli studi, del fatto che al termine dello stage fatto in Francia gli abbiano chiesto di fermarsi da loro… Verso la fine della cena gli ho chiesto se ai genitori e ai nonni parlasse di tutto questo perché ho come l’impressione di ricevere da loro un’altra idea di lui, meno luminosa, un po’ più spenta, meno entusiastica. Forse è anche il modo in cui io stesso racconto di Assan, delle sue pigrizie, delle sue lentezze, e noi tutti dei giovani che ci sono vicini… Cosa c’entra tutto questo col vangelo che abbiamo appena ascoltato. Mi sembra l’invito a scrutare nelle tenebre la luce che sta fiorendo, l’ombra che si va via via dissolvendo, dileguando. Abbiamo spesso così poca fiducia negli altri, e nei più prossimi forse ancora meno. Quanto si sono lamentati i genitori di Micol, l’altra nipote, per il fatto che a casa non combinava nulla, poltriva, non collaborava e poi a Padova, dove vive spartendo la casa con altri, è diventata il generale delle pulizie e dell’ordine. Gesù lascia Nazaret e si sposta a Cafarnao, la città di un nuovo inizio, la terra in cui poter cominciare a brillare, a liberare quella luce che forse era ancora bloccata, misteriosamente contenuta. Convertitevi, è la parola chiave del passo che abbiamo letto. La conversione è certo un processo continuo, mai concluso ma è pur vero che avvertire la vicinanza, la prossimità di qualcosa che pulsa, che non stagna, può rimettere in movimento una vita sottotono, può rimettere in circolo energie sopite. Quante volte anche sulla nostra pelle abbiamo sperimentato che i cambiamenti sono avvenuti per esserci imbattuti in un incontro casuale, per una notizia inattesa, per un evento eccezionale. È il racconto delle prime chiamate, è successo anche a noi che le cose che non capitavano mai ad un certo punto avvengono e ci cambiano, magari ci migliorano. Vorrei essere capace di uno sguardo meno rassegnato su di me e sugli altri, meno guardingo, meno diffidente. Ma sono anch’io sono segno di quel Regno di cui si dice nel vangelo, perché proprio per mio mezzo i cambiamenti possono accadere, la luce può sbaragliare le tenebre, la notte può cedere il passo alla luce, la morte alla vita. È successo, grazie ad altri, nella mia vita, può accadere grazie a me nella vita di altri. Isaia usa immagini potenti: il giogo, la sbarra, il bastone spezzati. Tutto ciò che grava sulla vita deve poter essere rimosso per liberare la gioia, la stessa, continua Isaia, che esplode in chi ha mietuto il proprio raccolto o in chi spartisce alla stessa mensa il frutto della propria fatica. Quanta luce ha fatto capolino nella mia vita e ha contribuito a fare di me l’uomo che sono. Quanta luce regalare per aiutare altri a gioire di se stessi, del possibile che la loro vita può esprimere quando è libera dal pregiudizio, dalle attese, dalle pretese.


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