Domenica 28 agosto 2022 – XXII TOC – Luca 14,1.7-14
Le parole sono un tesoro preziosissimo e attingere allo scrigno in cui sono custodite non è solo un’operazione culturalmente interessante, può essere anche assai utile per imparare a stare al mondo. Nei testi biblici di oggi rimbalzano alcune parole davvero importanti: umile, mite, orgoglioso, superbo, esaltato, primo, ultimo. Parole che, se esplorate, regalano profondità rare. Umiltà ad esempio, bhumi è la parola sanscrita che significa terra da cui bhuman, umano. L’umile è qualcuno di autenticamente legato alla terra, alla propria natura, alla propria verità, qualcuno che non trascura il forte vincolo con ciò da cui proviene. È il contrario di superbo: super-bios. Se l’umile è colui che è in contatto con la realtà di sé e per questo anche degli altri, il superbo è colui che cresce sopra, è qualcuno di aereo, separato, disunito, qualcuno che viaggia sopra la realtà, che non si radica perché si crede altro, superiore. È colui che non si confonde, non si integra, non si relaziona, non si compromette, resta nel suo finto mondo. Ma chi è senza radici, senza contatti, muore. È il destino dei superbi. È pressochè lo stesso significato della parola esaltato, uno che si eleva da terra, pensandosi chissà chi. Uno per cui ciò che sta in basso non è degno, non fa per lui. Che visione distorta e quante conseguenze nefaste ha sul nostro stare al mondo. Leggermente diverso è il significato di un’altra parola che incontriamo oggi: orgoglioso. Di origine germanica, descrive il lussureggiare di una persona che non sa porsi dei limiti, che non sa contenersi, che si allarga come la vegetazione in un clima tropicale, rubando spazio a ciò che ha intorno, sequestrando vita ad altro e ad altri, imponendosi prepotentemente. Per l’orgoglioso gli altri sono un fastidio, allargarsi per rubare lo spazio vitale affinché gli altri non prosperino, è il suo meschino obiettivo. Ma aggiungiamo al piatto un’altra bella parola: mite. Una parola che è sovraccarica di pregiudizi e infestata dai luoghi comuni. Il mite è solitamente inteso come colui che si arrende, che non pone resistenza, è il passivo a cui va bene tutto, è in sostanza il debole a cui puoi mettere i piedi in testa, è colui che vinci facilmente, che metti all’angolo senza problemi. In realtà la parola dice ben altro e tanto altro. Sorprenderà anche voi sapere che la mitezza è l’equilibrio, è la perfezione. Il clima mite ad esempio è quello che ci risparmia gli estremi: gelate e arsure, alluvioni o siccità, è il bilanciamento di forze potentissime. Oppure si può dire di un frutto, né troppo maturo, né troppo acerbo. Imparate ad essere umili, ad essere miti, è questo il vangelo di oggi. Cioè siate in contatto con la realtà perché l’equilibrio fiorisce da questo radicamento nel reale. Fuggite l’orgoglio, la superbia, l’esaltazione perché favoriscono approcci falsati con la realtà, ci estraniano dal reale, dal vero, ci rendono finti, inconsistenti. Il mondo che viviamo è sempre più affollato di persone così. Non sarà il caso di allungare l’elenco aggiungendovi il nostro nome. Nel vangelo si parla di primi e di ultimi. Gli ultimi, parola faticosa. Parola che usiamo per infilarci dentro tutta una serie di soggetti scomodi, da evitare, da eliminare, da ghettizzare. Ho scoperto che non serve solo a dire di ciò o di chi sta in basso, indietro. Esiste anche l’ultima parola che è quella decisiva, esiste anche l’ultima notizia che è quella più aggiornata, esiste l’ultima preoccupazione, quella che alleggerisce il cuore, esiste lo scopo ultimo della vita, che così diventa il primo, esistono le ultime scoperte scientifiche cioè le più evolute, quelle che riaccendono speranze, aprono possibilità, esistono le ultime vette dell’arte per raccontare di ciò che fa vibrare ancora e di più il nostro dentro con ciò che suscitano. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” e ancora: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti”. Parole, parole, parole… soltanto parole, parole fra noi, cantava Mina. Sono parole che possono dire tanto se quello che significano ci contagia la vita.
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