Domenica 29 agosto – XXII TOB – Marco 7,1-8.15.21-23
Non sta proprio gnente ben… ce la siam sicuramente sentita dire questa frase da qualche difensore della tradizione, della morale, dell’ordine. Ma di quale tradizione, di quale morale, di quale ordine poi? Magari è una frase che, inorriditi, abbiamo indirizzato contro qualcuno che ai nostri occhi sbaglia alla grande, che ai nostri orecchi dice blasfemie. Ho fra le mani il libro che ha scritto un amico biblista il cui sottotitolo recita così: “La cristologia blasfema dei racconti evangelici”. Tocca nei diversi capitoli la questione scottante dell’identità che si va via via delineando di un uomo di Nazaret che si chiama Gesù: indemoniato, bestemmiatore, uno che magna e beve, fuori di sé, sobillatore-sovversivo, eretico, impostore, trasgressore, figlio illegittimo, non sposato quindi deviato. Se scorrete il vangelo vi imbattete in questo tragico identikit che tracciano non solo i detrattori di Gesù, anche i suoi parenti, saranno proprio loro a dire… è fuori di sé. Tutte menzogne, tutte orrende falsità, tutte cattiverie gratuite? Secondo un certo schema teologico ed antropologico, sicuramente sì. Non posso passare in rassegna le singole affermazioni ma francamente non mi spiace fare i conti con questo fuori legge che si chiama Gesù. Il Clan scout ha appena concluso felicemente un campo mobile spostandosi sui sentieri fra Abruzzo e Lazio in quello che è conosciuto come il cammino dei briganti e ho offerto loro come catechesi quotidiana proprio il confronto con queste irregolarità o meglio con quest’uomo irregolare che noi crediamo Dio.
Tradizioni, leggi e dottrine degli uomini diventano spesso regola intoccabile, norma intangibile in barba all’umano, calpestandolo, vituperandolo addirittura. Il comando di Dio non può mai essere contro l’uomo, o la religione umanizza o si tratta della distorsione operata da menti ottuse, da cuori induriti. La chiesa, e non parlo solo delle sue gerarchie, a volte certe porzioni di popolo sono ancor più lente e rigide, spesso non brilla per capacità di leggere sapientemente l’umano perché non sia castrato dal religioso ma piuttosto promosso, esaltato. Dal Deuteronomio leggiamo che la legge o è per la vita o spegne la vita, o fa vivere o fa morire. C’è chi grida a squarciagola una verità con l’intento di importela ma con la determinazione con cui ti butta addosso tradizioni di uomini camuffate da volontà di Dio, con altrettanta determinazione se ne disfa facendosene una tutta sua, di verità. In questi giorni non si sta forse dicendo che l’integrità religiosa e morarle dei talebani cozza col fatto che la loro forza organizzativa è foraggiata dal commercio della droga? E noi, che blindiamo di paletti morali la vita di tanti non finiamo per essere fra quelli che onorano Dio con le labbra ma poi gli sono lontani col cuore? I paletti che fiancheggiano e costringono la vita di alcuni sono quelli con cui infilziamo la loro carne e crocifiggiamo la loro storia e questo in nome di chissà quale sacra scrittura, pregavamo una settimana fa, deprecando le gesta di chi in Afghanistan inquina l’umano con regole che sono tutt’altro che divine. Siamo proprio così innocenti, siamo davvero così estranei a questo modo di fare? Non credo. Se la legge non è per la vita è solo ciò che di cattivo ci esce vomitato fuori dal nostro cuore. Il vangelo di Gesù, bonifichi ciò di cui è inquinato. Quanta la strada da fare. Forse si potrebbe cominciare col far tacere tanti uomini pseudo spirituali dalle cui labbra spesso pendiamo e che ci riconsegnano un’idea di Dio che non è quella del vangelo. E facciamo silenzio noi se con quel che diciamo corriamo lo stesso rischio.
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