Domenica 29 maggio 2022 – Ascensione del Signore – Luca 24,46-53

Pubblicato da emme il

“Di me sarete testimoni”, “Di questo voi siete testimoni”. Due frasi simili, la prima tratta dagli Atti degli Apostoli, la seconda dal vangelo di Luca. Testimoni di chi, testimoni di cosa? La parola italiana testimone è la traduzione del greco martys, martire. Il testimone è colui che ricorda qualcosa che è stato detto o fatto da qualcun altro, pensate al ruolo del testimone in un caso giudiziario. Ma forse non è solo questo. In che cosa consiste la nostra testimonianza? Sta tutta nel ricordare e nel ridire ciò che ha detto e fatto qualcuno? Siamo credenti semplicemente perché facciamo eco a quanto detto e fatto da Gesù? Spero non sia solo questo. Se fosse così basterebbe una buona dottrina e il cristianesimo sarebbe salvo. Tanti di noi sono cresciuti religiosamente nell’ossessione di sapere le cose su Dio, di dirle bene, di dirle giuste, senza errori, senza sbavature, senza deviazioni. La gerarchia nel corso dei secoli, ancora oggi per certi versi, in maniera drammatica secoli fa, ha tagliato teste e messo al rogo per quello che veniva detto fuori dalle righe. Ma è questo un testimone, uno che afferma l’unica e intramontabile verità? O è piuttosto colui che tenta di essere vero a partire dal come Gesù ha tentato di rendere vera la propria esperienza umana? Tra i miei libri ce n’è uno che si intitola Il libro dei testimoni. Non è il libro pieno delle vite di chi ha ripetuto o amplificato un messaggio, è il libro che raccoglie le biografie di “coloro che hanno fatto vivere i fratelli con tutta la loro esistenza”. “Ciò che fa di un uomo un martire, un vero testimone di Cristo, è la sua conformazione al Signore: solo chi vive sulle tracce del Signore Gesù, deponendo la propria vita giorno dopo giorno perché gli altri vivano, testimonia in qualche misura la potenza della risurrezione che già opera in questo mondo, e offre una risposta credibile alla sete di senso che attanaglia l’uomo di ogni tempo”. È arcinota, immagino, l’affermazione che Paolo VI fece nel 1974 in un discorso e poi ripresa nell’enciclica Evangelii nuntiandi (n. 41): “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. È una frase che non ha bisogno di essere commentata se non dicendo che ancora oggi forse i maestri sono ancora troppi e i testimoni ancora troppo pochi. E le parole di Gesù: “Fate questo in memoria di me”? Le abbiamo profanate e violentate diventando ossessivi ripetitori di parole e di riti quando hanno invece tutt’altro senso. Fate, non dite. Gesù è colui che ha fatto vivere gli altri attraverso il dono di sé. La testimonianza sta tutta qua, non è questione di parole, di verità da affermare ma di gesti veri con cui fecondare il mondo per tenerlo vivo e tenermi vivo.


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