Domenica 29 novembre 2020 – I di Avvento B – Marco 13,33-37
Don Vittorio nella lectio biblica di giovedì ci invitava a collocare il brano evangelico in questione nel giusto contesto per capirne il senso. È la parte apocalittica di Marco quella che abbiamo appena sentita. Marco sarà l’evangelista che ci farà compagnia in questo nuovo anno liturgico. La comunità cristiana, Marco scrive intorno al 65 dopo Cristo, è immersa nel dramma delle ostilità e delle persecuzioni da parte dei giudei. Essere osteggiati significa non poter essere ciò che si è, non trovare pace per ciò che si è scelto. Il clima, in un contesto simile, non può che essere rovente e diventa quanto mai necessario tenere gli occhi ben aperti, vegliare, verbo che nella manciata di versetti che stiamo considerando torna ben quattro volte. Vegliare, per scampare il pericolo, per non soccombere, per sfuggire alla minaccia. E la minaccia qual è per noi che oggi siamo discepoli dello stesso vangelo? Chi veglia accende luci; la luce, per un verso è il segno che ci sei e per l’altro che non vuoi far vincere la notte. La candela che abbiamo acceso all’inizio dell’eucarestia di questo vuol essere testimonianza, di noi che ci siamo e di noi che vogliamo sbaragliare la notte. Quale notte? Ognuno di noi sa contro quali ombre deve combattere, su quali fronti darsi da fare per diradare l’oscurità. Al versetto 34 si parla di un potere che ci è affidato e di un compito a cui attendere. A proposito del verbo che ho appena usato, è curioso che si tratti di un sinonimo dell’altro verbo: vegliare. Attendere, come vegliare, può voler dire scrutare il futuro e l’orizzonte per accogliere ogni nuovo che viene. Ma attendere è quel verbo che usiamo per dire che ci stiamo occupando, oggi, qui di qualcosa. Attendere a… E’ il verbo che dice che mi sto già dando da fare, che mi sto già preoccupando di far sopravanzare e dilagare la luce nel vivo delle tenebre di questo oggi, del nostro oggi. Quale potere detieni? Se lo sai, usalo! Qual è il tuo compito? Esercitalo! Non abdicare al tuo compito se serve ad accorciare la notte, a depotenziare le forze che in te e nel mondo che abiti agiscono con il favore dell’oscurità perché si prolunghi e il peggio di noi, quel peggio di cui, ahimè, siam ben capaci, sia come vento impetuoso che spegne ogni fiamma, speranza di un giorno destinato a venire. Il giorno viene ma andarci incontro con le lampade accese, come hanno fatto le cinque ragazze sagge del vangelo di Matteo, è un’altra cosa rispetto ad avvicinarvisi brancolando a casaccio lungo sentieri improvvisati e quindi pericolosi. Signore, aiutaci ad abitare le nostre notti come fossero giorno. “Non c’è tenebra che per te sia oscura. Per te la notte splende come il giorno”, preghiamo con il salmo 139. Allora “svegliati o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti inonderà di luce” (Efesini 5,14).
0 commenti