Domenica 31 gennaio 2021 – 4^ TOB – Marco 1,21-28
Immagino che il vangelo possa aver stupito anche noi in qualche frangente della vita, che possa essere riuscito a strapparci qualche lacrima, che ci abbia fatto commuovere, o gioire, o perfino esultare. Tutto questo può accadere se quella Parola intercetta la vita, la tocca, se la vita si sente letta da quella Parola, capita, accolta, provocata. “Erano stupiti del suo insegnamento”, questo abbiamo letto. Ma abbiamo anche letto che, dopo l’esorcismo praticato da Gesù, “Tutti furono presi da timore”. Stupore e timore. Cosa temere? Di cosa aver paura? Di quella stessa Parola che domanda anche a me la fatica del nuovo e magari il dolore per estirpare, estrarre quel demone che ha sfigurato la mia umanità e a cui magari mi sono perfino un pochino affezionato. Un pochino o magari tanto affezionato a tal punto da non riuscire più a pensarmi se non abitato da questo inquilino che si mangia il mio dentro e nel frattempo mi trasforma in lui. Col rischio di diventare chi, di diventare cosa? Un impuro, direbbe la Bibbia, cioè uno che ha accettato di mescolare in sé l’amore e il suo contrario, la generosità e l’avarizia, l’apertura e il rifiuto, la mitezza e l’ira. Cosa vince? Dipende, a volte un tratto di me, a volte l’altro, cioè il suo opposto. Certo, siamo un bel melange, un pot-pourri, un melting pot. Siamo cioè un complicato miscuglio di tanti opposti ma dobbiamo anche chiederci se ci va bene così, se così ci piace, se così funziona o se piuttosto non dobbiamo consentire alla Parola di intervenire, anche dolorosamente, per sradicare il cancro che si è fatto largo in noi prima che diventi metastasi. “Sei venuto a rovinarci?”, chiede lo spirito impuro che abita l’uomo? Il vangelo di Cristo non rovina noi, piuttosto ha la pretesa, o meglio la speranza, di agire su quelle incrostazioni che hanno intaccato la nostra bellezza deturpandola progressivamente. Il vangelo, dunque, come un buon anticalcare che scrosta quegli elementi che atrofizzano la vita, la bloccano e non le consentono di esprimere l’umano migliore. Cosa ci rovina, il vangelo forse? Non credo! Gli interventi straordinari che Gesù realizza dentro le vite delle persone, noi li chiamiamo miracoli, segnano spesso sì i loro corpi ma coinvolgono in primis le persone in quanto soggetti di relazione. Guarire una persona, per Gesù, significa riconsegnarla alla comunità e all’interazione con gli altri. L’umano si gioca lì, e la Parola di Dio stana quanto in noi si annida e trama per mettere l’uomo contro l’uomo. Cos’è impuro dunque? È tutto ciò che non fa tacere l’istinto che ci trasforma in animali senza cervello e senza cuore. Il vangelo mette la museruola a queste derive dell’umano. Usciamo da una settimana in cui si è fatto memoria delle nefaste conseguenze subite da certa umanità quando l’umano va alla deriva. Inondiamo il dentro di noi di Parola perché non ci sia più posto per le nefandezze di cui ahimè possiamo essere capaci. Signore nostra dolce rovina abitaci nel nostro dentro e tira fuori da noi tutto ciò che inquina e deturpa l’umano nostro e di tutti.
Signore,
ricordati non solo degli uomini di buona volontà
ma anche di quelli di cattiva volontà.
Non ricordarti
di tutte le sofferenze che ci hanno inflitto.
Ricordati invece
dei frutti che noi abbiamo portato
grazie al nostro soffrire:
la nostra fraternità, la lealtà, il coraggio,
la generosità e la grandezza di cuore
che sono fioriti da tutto ciò che abbiamo patito.
E quando questi uomini giungeranno al giudizio
fa che tutti questi frutti
che abbiamo fatto nascere
siano il loro perdono!
(Preghiera scritta da uno sconosciuto prigioniero
del campo di sterminio di Ravensbruch)
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