Domenica 6 novembre 2022 – XXXII TOC – Luca 20,27-38

Pubblicato da emme il

Non c’è risurrezione! Questo affermano i sadducei approssimandosi a Gesù che di risurrezione ha parlato e che di morti ne ha fatti risorgere. I sadducei sono quel gruppo religioso che non crede nella risurrezione dei morti al contrario dei farisei. Nel vangelo di Luca sono, tra l’altro, raccontate due delle tre risurrezioni operate da Gesù e raccontate dai vangeli. Al capitolo 7 la risurrezione del figlio della vedova di Nain e al capitolo 8 quella della figlia di Giairo. È in Giovanni invece che si narra la risurrezione di Lazzaro. Quindi, non c’è risurrezione dalla morte? Ma quale morte poi? Non c’è solo l’ultima, la vita è costellata di episodi in cui è la morte a farla da padrona. Morire è un’esperienza continua, ininterrotta direi. Muore il nostro corpo inesorabilmente, falliscono le nostre imprese, deragliano i nostri rapporti, si infrangono i nostri sogni, crollano le nostre certezze. Non c’è risurrezione dunque? Se non ci fosse risurrezione non ci sarebbe neppure vita. Se la vita continua a zampillare, a fluire è solo perché risorge, cioè si risveglia, si ravviva, si muove, insorge, viene fuori… sono tutti significati del verbo greco anistemi, da cui si origina la parola risurrezione, anastasis. C’è risurrezione, eccome! Come forza che mi restituisce a me stesso e alle persone che mi amano, penso al figlio restituito alla madre, alla figlia restituita al padre Giairo, a Lazzaro restituito alle sorelle. Restituiti ma non come proprietà rivendicata, patrimonio reclamato, diritto accampato. Restituito in quanto riaffidato alla vita perché si esprima oltre la possibilità, la misura, la qualità finora espressa. La lettura psicoanalitica del vangelo della risurrezione della figlia di Giaro fa riferimento ad una vita bloccata, che non ha la forza di esprimersi e quindi sfiorisce, potrebbe essere la paura dell’oltre e dell’altro, la mia paura o la paura di chi non sa immaginarmi in modo nuovo. Risorgere per ri-appartenere a se stessi innanzitutto, magari con più convinzione, con più consapevolezza, con più libertà. Non risorgere per passare da un padrone all’altro, sarebbe come continuare a morire. Risorgere per abitare le relazioni nella gratuità più alta perché vivere è andare oltre la necessità, il dovere, l’obbligo, la tradizione, le consuetudini, le leggi. Vivere è piuttosto darsi che appartenere. È quello che credo voglia dire Gesù a commento di quell’assurdo, ma poi non tanto, caso che gli sottopongono i sadducei, la donna data in moglie a sette uomini. Quanti sono giudicati degni della vita futura, come della risurrezione dei morti, sono coloro che accettano che il registro cambi, che la musica sia un’altra. Solo i vivi possono risorgere e vorremmo saper abitare il qui da risorti per abitare poi l’oltre ancora da vivi. Il Dio di Gesù è il Dio dei vivi non dei morti. 


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