Domenica 7 maggio 2023 – V di Pasqua A – Giovanni 14,1-12
“Non sia turbato il vostro cuore”. Un’infinità di cose può mandarci in tilt ma più o meno tutte hanno a che fare con la questione della fine, non solo la fine ultima, anche le tante altre con cui ci tocca continuamente fare i conti: finiscono gli amori ad esempio, ma finisce anche la pace. Ad un certo punto finisco di stare bene. Può finire un rapporto di lavoro. Possono finire i soldi. Certo: può finire la vita, la nostra e quella delle persone che più amiamo. È l’incertezza che ci fa piombare nella paura. È non sapere cosa sarà. Facciamo tutti i conti con il limite e questo ci destabilizza, ci disorienta, ci spaventa. Gesù intende rasserenarci. Le parole che abbiamo sentito sono dentro quel lunghissimo discorso di addio che nel vangelo di Giovanni occupa i capitoli dal 13 al 17. “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore… verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. È lo stesso vangelo che la liturgia feriale ci consegnava già venerdì scorso. Parole a cui non ci resta che affidarci perché l’alternativa è rifiutarle, non crederci. “Portiamo dentro l’intima esigenza che la vita non s’esaurisca in una manciata d’anni, e reclamiamo nel profondo che le persone che amiamo debbano essere eterne, e che la malattia e la morte non siano l’ultima parola sul vivere. Nutriamo insomma la speranza di vivere per sempre”. Sarà così? Resto sulle parole di questa domenica tentando di immaginare per il qui e l’ora miei e nostri l’indomata possibilità di altri e nuovi inizi, di cocciute e intrattenibili ripartenze. Finchè c’è vita la speranza la ripongo nel qui non nell’altrove, nell’ora non nell’oltre. Tutta la fiducia di cui sono capace mi serve per rigenerare l’oggi, è questa la speranza da rinfocolare. Quante cose da continuare a rimettere al mondo, da non stancarsi di partorire. Il dopo è più affare di Dio che mio, devo solo dargli credito. Io mi occupo dell’oggi perché sia grembo che mette al mondo tutti gli inizi possibili. Una coppia di amici in questa settimana mi annunciava la nascita del figlio Pietro, nel messaggio scrivevano: fate largo e vogliategli bene. Certo che la fine ci spaventa ma l’idea della fine non può fossilizzare la vita. Abbiamo il preciso di dovere di stare vivi. La morte dovrà sorprenderci vivi. Gesù, colui che la morte ha raggiunto fin troppo vivo, ci dice come… stando nella via che è lui. I cristiani dei primi tempi erano detti “quelli della via”, coloro che vanno sì da qualche parte, perché ogni via ha una fine, ma stanno per via raccogliendo tutta la vita che la via regala. Dove sarà lui saremo anche noi ma intanto viviamo abitando i posti e le case che custodiscono la vita, quella che già qui domanda di rifiorire per potersi dire vera, piena.
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