Domenica 8 ottobre 2023 – XXVII TOA – Matteo 21,33-43

Pubblicato da emme il

Perché hai aperto brecce nella sua cinta e ne fa vendemmia ogni passante? La devasta il cinghiale del bosco e vi pascolano le bestie della campagna. Queste parole del salmo che abbiamo pregato sono la chiara denuncia indirizzata a Dio e al contempo l’accorata supplica che l’uomo gli rivolge: Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato. Ma con chi prendersela? Con Dio? È lui l’imputato? E chi supplicare? Chi convincere? È uscita in questi giorni la Laudate Deum, una nuova esortazione apostolica di Papa Francesco sul tema della crisi climatica, un nuovo pressante appello dopo la Laudato si del 2015. Chi l’ha voluta? Chi l’ha causata? Dio? Le brecce le abbiamo aperte noi perché entrasse quel peggio di cui siamo ben capaci. Paolo nella lettera ai Filippesi scrive: quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Questo e non altro. Cosa stiamo ospitando nel recinto della nostra vita e delle nostre vite? Aumentano i soldi destinati alle spese militari e calano quelli destinati alla sanità, è forse colpa di Dio? A cosa stiamo aprendo il varco, alla privatizzazione selvaggia del settore sanitario? Per fare un solo esempio. E dai tralci delle viti che siamo, per come interpretiamo la vita, cosa pende? Uva o acini acerbi? Dio si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi, abbiamo letto da Isaia. La parabola del vangelo racconta di chi non consegna il frutto del raccolto al legittimo proprietario al fine di tenerlo per sé. Ma di fatto cosa terremmo per noi? Un mondo che abbiamo avvelenato. Forse non ci è chiaro che la responsabilità del frutto è solo nostra e che l’unica sfida è portare a fioritura il seme che siamo. Dobbiamo essere i protagonisti della nostra fecondità in risposta al primo comando di Dio… siate fecondi. Nel vangelo di Giovanni, al capitolo 15, leggiamo: Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga. Frutti che non marciscono perché sono il risultato non della rapina ma del dono, non dell’arraffare ma del condividere. A voi sarà tolto il regno e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti? Davvero non siamo più all’altezza del compito? Il compito è semplicemente quello di essere uomini. Ci siamo così corrotti da non essere capaci che di far maturare acini acerbi. Dobbiamo forse reimparare il mestiere? E se fosse? E da chi? Da chi non ha accantonato il vangelo e lo sta usando come il miglior manuale per imparare a mettere a frutto la propria umanità.


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