Domenica 9 ottobre 2022 – XXVIII TOC – Luca 17,11-19
Gesù è in cammino verso Gerusalemme, la città di Dio, il cuore dell’esperienza religiosa. Ma per arrivarci deve attraversare la Samaria e la Galilea, le terre dei lontani, le periferie, i luoghi abitati da chi rende culto a Dio su un altro monte, non il Sion ma il Garizim, i luoghi da cui non può venire niente di buono, lo diranno anche di Gesù: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Dai margini al cuore, dalla periferia al centro. Ma non si tratta solo di geografia, di spostamenti fisici, è piuttosto il viaggio di ciascuno in perenne ricerca di accoglienza, in uscita da un anonimato escludente, da un rifiuto che grava. E Gesù è lì, mi incrocia nei sentieri contorti e dissestati del mio vagare, spesso lontano dal centro e incapace di riorientarvi la mia bussola. Chi sono quei dieci lebbrosi? Siamo noi o più precisamente quel che non ci piace di noi e quel che di noi gli altri non accolgono e tengono a bada, distante. Cosa ci pesa di più se non sopportare l’esclusione, la marginalità, l’indifferenza? Mi colpisce il fatto che quei dieci si fermano a distanza, non azzardano avvicinarsi. È come stessero loro stessi rifiutando se stessi, è come non fossero capaci di accogliersi, di piacersi. Sono quel noi che non si accetta. Gridano per superare la distanza abissale, non tanto e non solo, tra loro e gli altri, ma tra l’io reale, che rifiutano, e l’io ideale, che sognano. Quanto soffriamo per adeguare il reale all’ideale se il reale di noi è messo sotto giudizio? Tanto, a volte troppo! Gesù spedisce quei dieci dai sacerdoti, da coloro che abitano il tempio, il luogo di Dio. Dio, il grembo che riaccoglie, non il dito puntato contro, non la porta sbarrata, non il passaggio ostruito. E questo volto di Dio che Gesù è venuto a raccontarci, a svelarci, ci riconcilia pian piano e finalmente con noi stessi. Andando verso lui che è misericordia ritroviamo noi stessi facendoci largo fra la selva delle nostre miserie. Andando: la meta è la via, lo dice la sapienza orientale. Il viaggio verso Dio guarisce l’io. La misericordia guarisce la miseria. Siamo sbagliati? Siamo amati! È l’amore, non il giudizio, a farci giusti. Lo capissimo per noi e per quanti vagano lontano e aspettano soltanto che un varco si apra per imboccare la strada per riporta al centro, al cuore. Ma veniamo, per finire, al solo che torna a rendere lode a Dio. È l’unico davvero guarito. Gli altri nove sono quelli che non hanno capito cosa sia davvero successo. È così? È l’unica figura positiva quel tale? Gesù gli chiede dove siano gli altri nove. Sembra riecheggi la domanda che Dio fa a Caino, dov’è tuo fratello? Anche noi siamo qui a fare eucarestia, a dire grazie per quel vangelo che ci riconsegna a noi un pochino più liberi. Ma il compito è un altro. Alzati e va’! gli dice Gesù, cerca nella vita gli altri nove, sono loro quelli a cui devi tornare per dire insieme grazie, per celebrare la vita dove scorre.
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