Mercoledì 1 gennaio 2025 – Maria Madre di Dio – Luca 2,16-21

Pubblicato da emme il

Il motto del giubileo che Papa Francesco ha aperto la sera di Natale è Pellegrini di speranza. Speranza è una parola che contiene l’idea di movimento, di spostamento, di cammino. Sperare significa infatti tendere verso una meta. E quindi è disperato colui che non sa immaginare un oltre, che ha smesso di desiderare un in là, che ha rinunciato ad attendere, che non sa più nutrire i propri sogni. All’alba di questo nuovo anno, speranza è la parola che vorremmo riuscire a coniugare dentro ciascuno dei giorni che verranno con tutto ciò che porteranno in dote. “Non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede”, abbiamo letto nel breve passo della lettera ai Galati di Paolo. Lo schiavo è colui a cui è precluso un orizzonte diverso da quello ristretto che è abituato a contemplare. Il figlio invece è colui che è messo nelle condizioni di poter allargare e allungare lo sguardo e di inventare un possibile ancora. Mi piace collegare la parola speranza alla parola utopia. U-topos: un posto che non c’è, questo significa. Speranza è far esistere quel posto, impegnarsi per costruirlo, metterci energie perché diventi reale e non rimanga relegato nel mondo delle illusioni deluse. Per quale utopia sperare, ma imparando a farlo insieme perché, come forse abbiamo sentito ancora, un sogno sognato da soli resta un sogno, un sogno sognato in tanti diventa realtà. Allora speriamo insieme la pace per tutti i popoli, soprattutto per quelli in cui la guerra è tragica realtà. Speriamo insieme il rispetto per la terra che ci ospita. Per come ce ne serviamo è come abusassimo di nostra madre. Speriamo insieme la giustizia per ogni uomo, perché non esistono uomini meno uomini di altri, uomini spazzatura. Speriamo insieme la tutela dei diritti della donna, spesso sminuita, deprezzata, non riconosciuta, anche nella chiesa. Speriamo insieme la difesa dei diritti di chi migra in cerca di ciò che abbiamo cercato anche noi in altre epoche, o che oggi cercano i nostri giovani quando si spostano. Speriamo insieme una politica più partecipata da tutti, meno appaltata ai professionisti, una politica meno aggressiva da parte di chi la esercita su nostro mandato. Speriamo insieme che ognuno possa sentirsi a casa nel mondo e mai fuori posto perché altro dalla norma, differente. Speriamo insieme che i malati, dignitosamente assistiti e profondamente amati, siano sostenuti nel loro confronto col dolore. Speriamo insieme per i giovani, anagraficamente depositari di un oltre. Siano stimati e non solo biasimati. Le mete prospettate sono tante ma camminiamo almeno verso la concretizzazione di una di queste mete e facciamolo insieme a qualcun altro. Qualche decennio fa, Hanna Arendt scriveva: “Molte persone non sono stupide, sono semplicemente senza idee. Ma questa mancanza di idee… può essere più pericolosa di tutti gli istinti malvagi che sono innati nell’uomo… Pensare è faccenda rischiosa ed improba…”. E Simone Weil scriveva: “Il solo fatto che esistiamo, che concepiamo (pensiamo) e vogliamo una cosa diversa da ciò che esiste, è per noi motivo di speranza”. 


0 commenti

Lascia un commento

Segnaposto per l'avatar

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *