Venerdì Santo – 18 aprile 2025 – Passione secondo Giovanni
È la figura di Giuseppe d’Arimatea quella su cui soffermo la mia e la vostra attenzione in questo venerdì santo. Si parla di lui in tutti e quattro i vangeli e ognuno dei vangeli aggiunge qualità al personaggio. È un uomo ricco, membro autorevole del sinedrio, buono e giusto. Come tutti i giudei aspetta il regno di Dio. La figura di Gesù lo affascina e ne diventa discepolo ma di nascosto perché ha paura di venire allo scoperto. Certo non ha aderito alle decisioni prese sul conto di Gesù da parte del sinedrio di cui fa parte. Si fa coraggio e a Pilato va a chiedere il corpo di Gesù, lo depone dalla croce, compra un lenzuolo e in quel lenzuolo pulito ne avvolge il corpo. Il vangelo di Giovanni affida, non alle donne, ma a lui e a Nicodemo, l’altro discepolo in incognito, l’unzione con aromi (30 chili di una mistura di aloe e mirra). Depone il corpo di Gesù in un sepolcro che lui si era fatto scavare, un sepolcro nuovo in cui nessuno era stato ancora deposto. Un sepolcro vicino al luogo della crocifissione posto in un giardino. Davanti all’imboccatura vi rotola una pietra. Questo è il condensato di tutto quello che nei vangeli si dice di lui. Mi impressiona questo ammasso di particolari che vogliono raccontare l’amorosa cura per il corpo di quel morto. Quanto avrà amato Gesù?! Mi viene in mente un’altra pagina di vangelo dove la dovizia e l’abbondanza di particolari sono altrettanto toccanti e dicono di quanto amore possiamo mettere in circolo infilando uno dopo l’altro piccoli ma preziosi gesti di cura, di premura, di attenzione… è la pagina di Luca in cui si racconta del samaritano che incappa nel malmenato e lo soccorre. Guarda un po’, anche Giuseppe è samaritano, Arimatea, il posto da cui viene, è in Samaria. Ma mi viene in mente anche un bellissimo film che ho visto ormai parecchi anni fa e avrò sicuramente già citato, ma sono fra quei pochi che non puoi dimenticare per l’intensità del loro messaggio, si tratta di Departures, un film giapponese del 2008, un film sull’arte della sepoltura, sul rito della deposizione. Il titolo originale è Okuribito: colui che accompagna alla partenza. Guardatelo. La cura dei corpi dei morti, stasera partiamo da qui, per dirci che i vivi, come leggiamo di fatto in Luca nell’episodio del buon samaritano, meritano la stessa amorevole cura. Amiamo i corpi in cui scorre la vita nostra e degli altri, certo non patologicamente. Amare un corpo non è essere ossessionati dalla sua cura, oggi vediamo più questo che altro. Per chi non si sa offrire strumenti per coltivare il dentro sembra che l’unico spazio su cui intervenire maniacalmente sia la superfice, il fuori dei nostri corpi. È spesso la fragilità che patiamo o che qualcuno patisce a rimettere al centro il corpo, penso al corpo dei bambini o al corpo dei malati. Il corpo, in esso può transitare la migliore umanità che si possa esprimere e ahimè anche la peggiore, lo vediamo là dove la guerra si accanisce sui corpi innocenti, dove la violenza infierisce su quelli delle donne, dove la politica mette le catene ai migranti. Gesù ha amato fisicamente le tante persone che ha incrociato, le ha amate a partire dalla loro carne. È quello che possiamo fare anche noi contro ogni trascuratezza, contro ogni indifferenza, contro ogni possibile sopruso. Il corpo dei morti e il corpo dei vivi. Ogni venerdì santo, anche questo, transita attraverso questo centro irrinunciabile. Mi è stato detto in questi giorni di una mamma che ha raccontato ai propri figli cosa fosse una Via Crucis e il racconto di quel che ha subito e patito il corpo di Gesù ha rigato di lacrime i visi di quei bambini. Non so se la mamma sia stata eccessivamente cruenta ma certo è che se i corpi possono essere segnati dal male possono essere indelebilmente segnati anche dall’amore.
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