Proposta…
Carissimi tutti, qualche giorno fa abbiamo ricevuto tra i tanti messaggi che arrivano anche questo estratto da Il libro rosso di C.G. Jung (psichiatra svizzero vissuto a cavallo fra ‘800 e ‘900). Leggete anche voi…
“Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto. Potete parlarci voi?”
“Cosa vi turba, ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?”
“Non è questo, Capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari”.
“E se vi facessero scendere e foste contagioso, sopportereste la colpa di infettare qualcuno che non può reggere la malattia?”
“Non me lo perdonerei mai, anche se per me l’hanno inventata questa peste!”
“Può darsi, ma se così non fosse?”
“Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa”.
“E voi privatevi di ancor più cose, ragazzo”.
“Mi prendete in giro?”
“Affatto… Se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso”.
“Quindi, secondo voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?“
“Certo. Io lo feci nella quarantena di sette anni fa”.
“E di cosa vi privaste?”
“Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po’ di primavera a terra. Ci fu un’epidemia. A Port April ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.
Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l’uomo in salute.
Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba. Un vecchio indiano mi aveva detto, anni prima, che il corpo si potenzia trattenendo il respiro. Mi imposi di fare delle profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l’ora delle preghiere, l’ora di ringraziare una qualche entità che tutto regola, per non avermi dato il destino di avere privazioni serie per tutta la mia vita.
Sempre l’indiano mi consigliò, anni prima, di prendere l’abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi più forte. Poteva funzionare anche per quei cari che mi erano lontani, e così, anche questa pratica, fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave.
Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare, pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno, le vivevo intensamente e mi godevo l’attesa. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L’ attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente.
Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell’equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando”.
“Come andò a finire, Capitano?“
“Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto”.
“Vi privarono anche della primavera, ordunque?”
“Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela piu’”.
Che bello questo testo, no?
Allora lo mettiamo insieme alla provocazione di Daniele che ci chiede di tentare di coinvolgere la comunità tutta ad immaginare il futuro, un futuro che non sarà così lontano (speriamo!).
Ci sentiamo tutti privati della libertà, siamo tutti privati della primavera…
Ma volete che non si possa fiorire comunque, come il ciliegio dietro la canonica o le azalee del giardino davanti.
Quello che viviamo potrebbe essere il tempo per vivere abitudini nuove che ci facciano fiorire comunque anche dentro questo tempo faticoso.
Potrebbe però anche essere un tempo di gestazione per piccoli o grandi sogni… ecco, vorremmo chiedervi di condividere, di far sapere agli altri cosa vorrete realizzare ad emergenza conclusa, di cosa vorreste farvi protagonisti insieme agli altri o per gli altri…
Facciamo un paio di esempi:
Paola dice di voler organizzare, ad emergenza finita, un pellegrinaggio a piedi a Monte Berico.
Paolo, rispondendo a Daniele, dice di voler lavorare su quest’oggi (cosa mangio e cosa evito di mangiare, che parole dico e che parole evito di usare…), fare adesso per fare anche domani…
Ebbene voi… che dite?
Cosa fare già oggi e cosa in concreto progettare per un vicino domani?
Tutti a monte Berico con Paola o cos’altro?
Scrivete nel blog del sito (www.upsangiuseppesanzeno.it) o nella pagina facebook.
Grazie per tutto il buono che verrà!
d. Stefano, d. Vittorio, d. Adriano… e Daniele.
1 commento
emme · 9 Aprile 2020 alle 10:59
Colgo l’invito di Daniele con la sua proposta , condivisa dai nostri presbiteri, per
esprimere una mia idea, leggendo il testo tratto dal “ Libro Rosso” di Carl Gustav
Jung, psichiatra, inizialmente psicanalista amico e collaboratore di Freud da cui
in seguito si staccò per seguire quella che fu la sua “malattia creativa” .
Il contenuto di questo libro (cerco di sintetizzare quanto ho letto in una
prefazione) è una trascrizione di parole e immagini dei sogni e delle visioni di un
viaggio, definito da Jung una sorta di presagio numinoso (ho imparato un
termine nuovo per me) , ovvero (per capire meglio) legato al sacro, ad una
volontà divina. Si tratta di una riproduzione simbolica di un universo altro, di
un libro d’arte di superiore qualità.
Ne potrebbe nascere una rappresentazione teatrale con protagonisti ragazzi e
ragazze della nostra comunità : insieme sviluppare il tema del SOGNO evocando
visioni, immagini che via via vadano concretizzandosi, attraverso una ricerca
introspettiva, in un dialogo interiore, in quello che potrebbe formarsi
trasformarsi in spettacolo.
L’obiettivo finale sta nel trasmettere, in una società post-corona, ridotta allo
stremo, una volontà di rinascita che apra alla speranza, alla forza, alla fiducia,
alla bellezza….
Il mondo non sarà più lo stesso del passato, l’uomo dovrà riconvertirsi, il futuro
ci chiederà sacrifici che solo con forza e tenacia riusciremo a sopportare, e forse
l’uomo scoprirà in se stesso il vero valore della vita. Dunque, sarebbe bello
riunirci , giovani e anche adulti, e riflettere su quanto ci ha insegnato questo
virus, aiutarci vicendevolmente in un’analisi che scavi dentro noi stessi, alla
ricerca di una storia tradotta per il teatro. Francesca